<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Il prof: «Sì, ho avuto una relazione con lei»

Il liceo delle Scienze umane “Martini” al Castello, dove insegnava il docente arrestatoIl prof. Francesco Di Luccio
Il liceo delle Scienze umane “Martini” al Castello, dove insegnava il docente arrestatoIl prof. Francesco Di Luccio
Il liceo delle Scienze umane “Martini” al Castello, dove insegnava il docente arrestatoIl prof. Francesco Di Luccio
Il liceo delle Scienze umane “Martini” al Castello, dove insegnava il docente arrestatoIl prof. Francesco Di Luccio

«Ho avuto una relazione sentimentale con la mia alunna. È durata qualche mese, ed è iniziata prima degli episodi che mi vengono contestati». Il professor Francesco Di Luccio, 46 anni, ha confessato la sua “storia d’amore” e gli atti sessuali con l’allieva di 15 anni che il 29 marzo scorso gli era costata l’arresto. E dopo le ammissioni davanti al pm Maria Elena Pinna e ai finanzieri, l’indagato - difeso dall’avv. Giovanni Caruso di Padova - ha ottenuto i domiciliari. Dopo venti giorni in carcere, fra Vicenza e la sezione speciale di Verona, ieri sera ad ora di cena è tornato a casa. I famigliari lo hanno accolto nell’abitazione di Torrebelvicino. LE ACCUSE. Il docente, da anni in servizio al liceo Martini di Schio, era stato arrestato dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria su ordine del giudice Barbara Maria Trenti. L’accusa a suo carico è di avere avuto rapporti non completi con la minorenne, la studentessa di 15 anni con cui aveva avviato la relazione. La ragazzina ne aveva parlato con un’amica, la quale si era confidata con il padre, che aveva subito informato le fiamme gialle. I detective del colonnello Crescenzo Sciaraffa e del tenente colonnello Sergio Demichelis per un mese avevano pedinato Di Luccio, piazzando delle cimici in auto e registrando una serie di incontri, avvenuti fuori dalla scuola, con l’alunna. Il professore era stato intercettato e ora è in corso l’esame tecnico del contenuto del suo computer. Sulla scorta di questi elementi, il giudice aveva ordinato la cattura; quando era stato sentito, il docente di scienze naturali - apprezzato a scuola da superiori, colleghi, alunni e genitori - era talmente sotto choc da avvalersi della facoltà di non rispondere. È stato ovviamente sospeso dal servizio ed è stato informato l’Ufficio scolastico provinciale. L’ALUNNA. La ragazzina, il giorno in cui l’insegnante era stato arrestato, era stata accompagnata in un centro di ascolto dove era stata sentita dagli psicologi. Avrebbe faticato non poco a comprendere il motivo per il quale quella relazione era vietata. Avrebbe riferito di un’infatuazione per quell’uomo maturo, esperto, rassicurante, e degli incontri che di nascosto da tutti aveva avuto con lui. Non sapeva di essere stata controllata, per il suo bene, dai militari. Nei giorni successivi è tornata in classe, ma sta vivendo un periodo comprensibilmente difficile, supportata dai famigliari che erano caduti dalle nuvole. LA RELAZIONE. Da quanto emerge dagli atti, e soprattutto dalle testimonianze, il rapporto fra insegnante e allieva, che hanno più di trent’anni di differenza, era connaturato da una sorta di innamoramento reciproco, senza violenza o soprusi diretti, palesi, da parte dell’adulto. Però quel rapporto è vietato dalla legge, sia per l’età della vittima, sia per il ruolo rivestito dall’adulto: Di Luccio è una «persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, la minorenne era affidata», recita la norma. E se la ragazzina viveva quella relazione con l’ingenuità e la spensieratezza dei 15 anni, il docente, per età e ruolo, avrebbe dovuto comprendere la gravità di quel rapporto. Lo avrebbe capito negli ultimi giorni di carcere, tanto che lunedì ha parlato a lungo con il magistrato, dal quale aveva chiesto di essere ascoltato con il suo difensore. LA CONFESSIONE. Di Luccio ha risposto alle domande ed ha parlato a lungo con gli inquirenti. Ha maturato consapevolezza di quello che ha commesso, ed ha ammesso non solo i fatti indicati nell’ordinanza di custodia, ma ne ha anche raccontato degli altri, avvenuti prima dell’avvio delle indagini, che non erano emersi nel corso degli accertamenti. «Sì, io e la studentessa ci vedevamo far qualche mese. Non l’ho costretta a fare nulla, c’era un’intesa reciproca», è il senso della confessione del professore. Il giudice gli ha concesso i domiciliari anche perché non c’è più il pericolo che Di Luccio possa incontrare la ragazzina, nè altre alunne minorenni. A casa, poi, a contatto con i famigliari, potrà ricostruire con i suoi cari un rapporto e tentare di uscire da quello che anche per lui è stato un incubo. Difficile immaginare che possa tornare in classe, ma anche l’indagato almeno al momento vorrà stare il più lontano possibile da quell’ambiente, che pure è stato il suo mondo per anni. Prima di avviare una relazione che, pure non connotata dalla sopraffazione, ha comunque violato il codice penale. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Diego Neri

Suggerimenti