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Il Lanificio Rossi ha 200 anni
ma la città se ne dimentica

La facciata su via Pasubio delle Industrie Rossi, che riporta in numero romano la data di fondazioneUna veduta attuale della Fabbrica Alta. FOTO CISCATO
La facciata su via Pasubio delle Industrie Rossi, che riporta in numero romano la data di fondazioneUna veduta attuale della Fabbrica Alta. FOTO CISCATO
La facciata su via Pasubio delle Industrie Rossi, che riporta in numero romano la data di fondazioneUna veduta attuale della Fabbrica Alta. FOTO CISCATO
La facciata su via Pasubio delle Industrie Rossi, che riporta in numero romano la data di fondazioneUna veduta attuale della Fabbrica Alta. FOTO CISCATO

Centinaia di scledensi ci passano sotto ogni giorno eppure a pochi è balzata agli occhi quella incisione in numeri romani, sotto il nome di Francesco Rossi: 1817. Quest’anno ricorre il bicentenario della fondazione del Lanificio Rossi e la ricorrenza sta passando sotto silenzio, almeno sinora. Ma siamo ad agosto inoltrato e dal Comune e dal comitato scientifico costituito per la Fabbrica alta, non vi sono notizie. Eppure parliamo di quella che, nella seconda metà dell’800 e sino agli inizi del ’900, fu la maggiore industria laniera italiana, vanto per innovazione

«Marzotto, che ha rilevato la Lanerossi nel 1987, ha fatto produrre dei gadget sui 200 anni dell’industria fondata dal mio quadrisnonno Francesco e li ha presentati a Palazzo Pitti. A Schio non si muove foglia. E mi chiedo come mai...» Lo sfogo è di Maria Teresa Rossi, figlia di Alessandro, nipote di Giovanni e bisnipote dell’altro Alessandro, quello che rese grande non solo l’industria paterna ma anche Schio. E diede lavoro a decine di migliaia di vicentini e non solo sparsi negli stabilimenti di Torrebelvicino, Dueville, Marano, Piovene, Vicenza ed anche Montorio Veronese. Fatti i conti con l’albero genealogico, adesso bisogna farli con un anniversario sfuggito ai più. «Non si perde occasione per inneggiare ad Alessandro Rossi, pioniere dell’industria moderna italiana ma ci si dimentica di cosa fece suo papà, che partì dall’altopiano di Asiago per sviluppare a valle la sua attività, un piccolo opificio, assieme a Sebastiano Bologna». Maria Teresa ha di recente visitato la casa del fondatore delle Industrie Rossi a S. Caterina di Lusiana: «C’è una cascina vecchia e un’osteria. Mi hanno detto che nacque lì. Io a Schio ci torno periodicamente (abita in Lombardia) perché ho ancora una casa in via Tessitori e mi piacerebbe vedere celebrata in qualche maniera la ricorrenza: un evento, una conferenza o una lapide. L’amministrazione comunale ci dovrebbe pensare ma siamo ad agosto e non vedo programmato nulla. E mi dispiace moltissimo».

L’industria fu fondata da Rossi nel 1817 lungo la Roggia maestra, usata per ottenere la forza motrice. Nel 1849 Francesco fece erigere l’edificio che si affaccia su via Pasubio, utilizzato dalla Lanerossi per gli uffici sino agli anni ’80. Nel 1849 la mano passò al figlio di Francesco, Alessandro, che nel 1864 fece edificare la Fabbrica Alta, dietro alla costruzione originale del padre.

La Lanerossi diventò tale più avanti, quando venne trasformata in società per azioni e nel 1959, quando la famiglia Rossi si era defilata mantenendo piccole quote azionarie, operazione avvenuta già negli anni ’20, raggiunse i 10 mila dipendenti. Poi il passaggio ad Eni e a Marzotto, fino allo stop delle attività a Schio, risalente al 2005.

«Spero che la città dimostri il dovuto affetto al Lanificio che creò lavoro e prosperità», conclude Maria Teresa. Ora all’orizzonte ci sono i 120 anni della morte (28 febbraio 2018) e i 200 dalla nascita (21 novembre) . Ma per questi un po’ di tempo a disposizione c’è.

Mauro Sartori

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