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Il giallo dei mobili da mezzo milione lasciati in eredità

Palazzo Morandi Bonacossi, all’ingresso del centro storico maladense.  K.Z.
Palazzo Morandi Bonacossi, all’ingresso del centro storico maladense. K.Z.
Palazzo Morandi Bonacossi, all’ingresso del centro storico maladense.  K.Z.
Palazzo Morandi Bonacossi, all’ingresso del centro storico maladense. K.Z.

Un ingegnere di origine ebraica, William Gerard Houben, che aveva lavorato per alcune aziende tessili della zona di Schio negli anni Ottanta. Il figlio Jaques Henri Houben che in base ai documenti lasciatigli dal padre si è messo sulle tracce di un deposito in cui il genitore all’inizio degli anni Novanta avrebbe lasciato mobilia di ingente valore, a suo dire per l’importo di mezzo milione di euro. Inoltre, un altolocato maladense, Francesco Bonacossi Morandi, chiamato in causa perché avrebbe stipulato un contratto di deposito - circostanza mai provata - e avrebbe «collocato nella rimessa della sua abitazione di Malo vari oggetti mobili e oggetti di arredo». Egli, perciò, non avrebbe restituito i beni senza peraltro corrispondere il controvalore. Per i giudici anche questo è un fatto mai provato e che ha segnato il destino del processo. I tre personaggi sono i protagonisti di una causa con cui si potrebbe ricamare la trama di un film, e che si è conclusa a Roma con la Cassazione che ha respinto il ricorso di Jaques Henri Houben, dando così definitivamente ragione a Bonacossi Morandi, che aveva negato di avere concluso il contratto con l’ingegnere Houben, nel frattempo defunto. Del resto, sia il tribunale di Schio nel 2009 che la Corte d’Appello di Venezia il 5 marzo 2014 avevano respinto l’azione di Houben jr, difeso dall’avvocato Raffaele Voltolina, e divenuto l’erede del padre. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono sintonizzati i giudici di legittimità che hanno condannato il ricorrente a pagare oltre 5 mila euro di spese a Bonacossi Morandi, assistito dall’avvocato Giovanni Bertacche. La vicenda risaliva a quasi trent’anni fa quando Houben senior lavorava come commerciale per alcune importanti aziende della zona di Schio e Thiene. Tra i motivi del ricorso che a dire di Houben jr avrebbe dovuto far pendere la bilancia della giustizia dalla sua parte, la lettera dell’8 settembre 1994 scritta da Bonacossi Morandi a Houben senior «in cui si faceva riferimento alla condizione dei beni - scrivono i giudici -, alla loro collocazione nella rimessa e nell’abitazione Morandi e alla vendita di quattro sedie». Tuttavia, Morandi Bonacossi negava di avere pattuito alcunché con la controparte, spiegando di avere concesso a un amico imprenditore di Schio di depositare la merce «per ragioni di cortesia». Tra l’altro, i giudici di merito non avevano ammesso taluni testimoni perché la loro audizione «non consentirebbe di avere un’idea quanto meno approssimativa dei singoli beni, della loro natura e consistenza del pregio commerciale e quindi in definitiva del danno». Ipotizzato appunto da Houben jr in quasi 500 mila euro, comprensivo delle spese legali. Gli stessi giudici di primo e secondo grado, inoltre, respingendo la domanda del figlio dell’ingegnere osservavano nel ’09 e nel ’14, che se i mobili «si sono lasciati in deposito quasi vent’anni evidentemente non suscitavano particolare interesse». Ma alla base della stroncatura giuridica delle supreme toghe, che definiscono il ricorso di Houben jr infondato, c’è la «decisiva mancanza di prova circa la quantità, la qualità e la consistenza dei beni eventualmente depositati, ratio che, come si è detto, è stata considerata “rilevantissima” nel rigetto dell’appello». Quanto al contenuto delle prove testimoniali che a dire di Houben jr sarebbero state decisive per indurre i giudici ad arrivare a una diversa conclusione, la seconda sezione della Cassazione presieduta da Lina Matera, scrive che il ricorrente «non espone neppure per riassunto quali siano i contenuti delle prove orali che erano state richieste e di cui i giudici di Schio e Venezia hanno negato l’ammissione». In realtà, si trattava di prove generiche che non spostavano l’epilogo del giallo mobiliare, perché Houben jr non ha provato né la consistenza dei beni né il controvalore del danno patito per l’asserita mancata restituzione. •

Ivano Tolettini

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