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«Il conto della droga è salato e arriva a tutti»

Giorgia Benusiglio durante il suo intervento davanti a 900 studentiTeatro Astra gremito dagli studenti.   FOTOSERVIZIO CISCATO - STUDIO STELLA
Giorgia Benusiglio durante il suo intervento davanti a 900 studentiTeatro Astra gremito dagli studenti. FOTOSERVIZIO CISCATO - STUDIO STELLA
Giorgia Benusiglio durante il suo intervento davanti a 900 studentiTeatro Astra gremito dagli studenti.   FOTOSERVIZIO CISCATO - STUDIO STELLA
Giorgia Benusiglio durante il suo intervento davanti a 900 studentiTeatro Astra gremito dagli studenti. FOTOSERVIZIO CISCATO - STUDIO STELLA

Se ascolti Giorgia Benusiglio almeno una volta, la voglia di trasgredire con la droga passa. E anche velocemente. La 36enne milanese riesce a spiegare molto bene quali e quante conseguenze drammatiche le siano piombate addosso a causa di mezza pasticca di ecstasy, buttata giù nel 1999. Il rischio di morire, il trapianto di fegato, la terapia intensiva, le operazioni, i medicinali, i sensi di colpa. Tutte cose che non vengono in mente a un adolescente scledense che si trova con gli amici allo skate park, per citare uno dei teatri spesso associati alle operazioni anti-droga. E chissà se il Comune, l’Associazione genitori di Schio, il comitato genitori dell’Itis “De Pretto” e il comitato interistituto scledense, quando hanno deciso di organizzare questo doppio incontro (ieri sera Benusiglio ha replicato per un migliaio di genitori) per il programma “Pianeta adolescenti” hanno pensato che nella platea composta da 900 studenti di cinque scuole potesse essere in ascolto anche qualcuno che ci ha pensato, un ragazzo che lo spacciatore vicino all’ingresso della propria scuola lo ha visto e, magari, si è lasciato tentare. Perché le operazioni di carabinieri e polizia locale che in questi mesi si sono susseguite raccontano di una realtà che non è così lontana come potrebbe sembrare. Quando Benusiglio sale sul palco non è sola. Porta con sé la giovane morta in un incidente stradale che le ha donato il fegato, ha vicino il padre scomparso quattro anni fa che è stato il primo a fare volontariato per la sensibilizzazione antidroga nelle scuole e ha con sé la sua famiglia, scossa 2 anni fa dalla tragica morte della sorella Carlotta. «Quando sono arrivata in ospedale, dopo essermi calata mezza pasticca di ecstasy, mi hanno dato l’estrema unzione - racconta la ragazza, senza tradire emozioni -. I miei, specialmente mio papà, erano convinti di avere impartito un’educazione modello alle loro bambine: immaginate cosa hanno provato quando sono stati chiamati la notte in cui ho rischiato la vita. Ma loro l’educazione e i valori me li avevano impartiti davvero. Li avevo distrutti per una mia scelta. E il senso di colpa non mi passa nemmeno oggi. Sono stata la seconda al mondo a sopravvivere dopo aver avuto il fegato in necrosi. Dopo il trapianto, ogni mattina devo prendere il mio farmaco salvavita. Un gesto che mi ricorda perché mi sono “ridotta” così. Mi sono giocata la libertà. Se non siete sicuri di riuscire a sopportare anche una sola cosa di quelle che vi ho raccontato, pensateci bene prima di “provare” le droghe». «Hanno scoperto che la partita di ecstasy che mi ha quasi ucciso era tagliata con veleno per topi e piombo - prosegue -. Quindi qualcuno potrebbe dirmi che sono stata sfortunata io. E allora, che dire del giovane morto al Cocoricò a causa dell'Mdma? E vogliamo parlare della “coca”? La cosa migliore che può succedervi è arrivare a trent'anni con la smania di parcheggiare i figli dai nonni nel weekend per farvi. Tutti, prima o poi, pagano i conti con le droga». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Karl Zilliken

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