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Timbri e firme falsificati
per avere la cittadinanza

I carabinieri con i documenti e il denaro sequestrati.  COLORFOTO
I carabinieri con i documenti e il denaro sequestrati. COLORFOTO
I carabinieri con i documenti e il denaro sequestrati.  COLORFOTO
I carabinieri con i documenti e il denaro sequestrati. COLORFOTO

I documenti erano falsi, così come le autenticazioni, le firme dei funzionari e il timbro dell’ambasciata a Dacca. I carabinieri hanno scoperto un giro di documentazione contraffatta che permetteva a immigrati del Bangladesh di ottenere la cittadinanza italiana. Le indagini hanno portato alla denuncia di 36 stranieri, tutti connazionali tra loro, compresi i due immigrati regolari che gestivano il business illegale: P.M.M.H, 41 anni, e P.J., di 29, entrambi residenti a Montecchio.

L’attività investigativa dei militari di Arzignano era partita circa due mesi fa, quando un impiegato comunale aveva sollevato dei dubbi sull’autenticità della documentazione allegata a un atto di matrimonio presentato da un bengalese. A quel punto, grazie a un controllo incrociato con l’ambasciata italiana nella capitale dello Stato asiatico, i carabinieri hanno accertato che sia l’autenticazione sia le dichiarazioni, così come le firme e i timbri, erano fasulli.

Il passo successivo è stato quello di verificare con l’ufficio demografico di Arzignano se ci fossero altre certificazioni simili, trovandone molte altre presentate tra il 2015 e i primi cinque mesi di quest’anno. Dopodiché, l’indagine è stata estesa anche ad altri Comuni, riscontrando casi pure a Montorso e Montecchio.

Una volta denunciati i trentaquattro stranieri che avevano presentato le domande per ottenere il ricongiungimento familiare di veri o presunti parenti, i militari sono riusciti a risalire ai due bengalesi che tiravano le fila, e che erano diventati un punto di riferimento per i loro connazionali.

I blitz nelle abitazioni dei due stranieri sono scattati venerdì e hanno permesso di sequestrare altri venti documenti falsi ancora da completare e oltre 13 mila euro, ritenuti il frutto dell’attività illegale portata avanti nell’ultimo periodo.

Secondo gli investigatori, il giro d’affari gestito dalla coppia di bengalesi era però molto più vasto: andava avanti da almeno 2 anni e ogni pratica costava 300 euro. I carabinieri, inoltre, sospettano che le stesse pratiche contraffatte possano essere state presentate in diversi altri Comuni in tutta Italia. Per questo motivo, il lavoro dei militari prosegue. Una delle piste seguite in questi ultimi giorni porta a Roma.

Valentino Gonzato

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