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Montecchio

La lotta di Giovanni
e quelle carezze
che sono come ferite

 

Giovanni ha sette anni, è dolce e intelligente, adora i videogame e il calcio. È fragile e prezioso come una farfalla ma combatte ogni giorno con la forza di un piccolo guerriero. Giovanni è un bambino “farfalla”, colpito da una malattia genetica, l’epidermolisi bollosa, che rende indifeso un neonato su centomila, e che fa diventare la pelle, e gli organi interni fragili come ali sottili. Così delicati che anche un abbraccio può essere pericoloso, una leggera carezza può diventare una ferita. Anche deglutire una patatina diventa complicato, se non addirittura dannoso.

Il sogno di Giovanni è di “avere una pelle di ferro” così da poter giocare a pallone con i suoi amici e ha chiesto alla mamma Lucia di fabbricare una bicicletta con un divano al posto del sellino perché lui la bici non la può usare. È proprio Lucia a raccontare la lotta quotidiana affinché il suo piccolo “farfallino” possa avere una vita come i bambini della sua età.

«Quando è nato, all’ospedale di Vicenza, fin da subito si è capito che qualcosa non andava - spiega la madre - la sua pelle era tanto fragile. Nessun medico però sapeva dirci cosa fosse. Con suo papà Giuseppe abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo chiesto ai medici se si poteva trattare dell’epidermolisi bollosa». In attesa di una diagnosi definitiva, che si concretizzerà mesi dopo, fin da subito Lucia ha imparato a proteggere il corpicino del suo piccolo con garze e cerotti per evitare che ogni minima azione possa provocare una vescica dolorosissima. «Era un calvario anche dargli il biberon e Giovanni, a soli quattro mesi, ha imparato a bere il latte che gli spruzzavo in bocca con la tettarella, così non doveva ciucciare».

Il bimbo viene seguito in un centro specializzato di Milano. Ma è a casa che si gioca la partita più importante. La giornata di Giovanni e della sua mamma inizia molto presto la mattina. Prima di andare a scuola, alla primaria di Torri di Castelgomberto, occorre levare tutte le bende, medicare le lacerazioni e cospargere la pelle di creme e poi rimettere nuove garze che lo proteggeranno durante il giorno. L’operazione viene ripetuta anche prima di andare a letto. Una prova che il piccolo affronta con molto coraggio nonostante sia molto dolorosa.

«È molto intelligente e studia con profitto - afferma Lucia che lavora come cameriera part time -. Adora stare in compagnia dei suoi compagni. La sua è una lotta fra il piacere di far qualcosa che lo appassiona e il dolore delle ferite che si formano con semplici gesti». Perché per Giovanni tirare pochi calci al pallone significa ferirsi i piedi e non camminare per due giorni. «E quando accade che, inavvertitamente, venga leggermente colpito da un amichetto, i suoi occhi diventano rossi, stringe i denti ma non dice una parola perché vuole continuare a giocare. Allora con una scusa lo porto via».

Se il sogno di Giovanni è pedalare in sella a una bici quello di Lucia è di migliorare la qualità della vita di suo figlio. Ma le spese sono tante nonostante l’aiuto di papà Giuseppe e nonna Rina. «L’Ulss ci dà le bende e i cerotti ma le creme, molto costose, dobbiamo acquistarle - aggiunge Lucia -. In più ci sono le altre spese mediche, l’affitto, le bollette. Oggi viviamo in una casa a tre piani, mi piacerebbe riuscire a trovarne una a piano terra per lui».

Antonella Fadda

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