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Inquinamento da Pfas
«Noi non responsabili»

La riunione della Commissione ambiente e territorio ieri sera in municipio. FOTOSERVIZIO MASSIGNANLa Miteni è stata al centro della riunione di ieri sera
La riunione della Commissione ambiente e territorio ieri sera in municipio. FOTOSERVIZIO MASSIGNANLa Miteni è stata al centro della riunione di ieri sera
La riunione della Commissione ambiente e territorio ieri sera in municipio. FOTOSERVIZIO MASSIGNANLa Miteni è stata al centro della riunione di ieri sera
La riunione della Commissione ambiente e territorio ieri sera in municipio. FOTOSERVIZIO MASSIGNANLa Miteni è stata al centro della riunione di ieri sera

Miteni ha ribadito di non sentirsi responsabile dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche che hanno contaminato le acque di una vasta area del Veneto, coinvolgendo circa 300 mila residenti. Antonio Nardone, amministratore delegato di Miteni, accompagnato dal responsabile della sicurezza, Davide Drusian, e dall’avvocato Luca Prati, hanno risposto alle domande dei componenti della commissione ambiente e territorio di Montecchio Maggiore. Il presidente Maurizio Scalabrin ha convocato la seduta per avere approfondimenti sulla questione Pfas dai vertici dell’azienda di Trissino. Un’assemblea per la quale c’erano timori di contestazioni, tanto da essere presidiata dai carabinieri e dalla polizia locale “dei Castelli”, e che invece è filata via in tutta tranquillità.

In sala consiliare presenti non più di una trentina di persone tra il pubblico: altre probabilmente hanno preferito seguire la trasmissione in streaming in rete. Sulle responsabilità di Miteni, indicata dall’Arpav come responsabile del 97 per cento della contaminazione delle acque, Nardone, nel sottolineare che sino a poco tempo fa non c’era alcuna norma riguardante i Pfas, ha replicato che mentre nei campionamenti eseguiti alla Miteni i Pfas sono stati trovati, in altre realtà dove vengono utilizzati saltuariamente non sono stati rinvenuti. E per essere più chiaro ha sottolineato che a Cologna Veneta sono state riscontrate concentrazioni più alte rispetto a quelle trovate a valle di Miteni: «Pfas così lontani dal nostro stabilimento non li ha certo messi Miteni. Chi indaga individuerà le responsabilità». Come dire che l’imputato non è solo chi produce ma anche chi usa i Pfas. Nardone ha escluso una partecipazione alle spese che i gestori dell’acqua sono chiamati a sostenere per l’emergenza. «Oltre a non ritenerci responsabili, abbiamo pagato e continuiamo a pagare la bonifica al depuratore».

Ed incalzato su un gesto per ridare lustro all’immagine dell’azienda ha spiegato: «fatturiamo 24 milioni all’anno, i bilanci non permettono interventi. Continueremo invece ad investire nella bonifica del sito, come iniziato ancor prima che il caso scoppiasse: 15 i milioni spesi negli ultimi dieci anni, altrettanti per i prossimi dieci. Oltre che in ricerca e tecnologia». Tra le informazioni fornite, quelle riguardanti la produzione di Pfas, dal 2011 solo a catena corta con 4 atomi, pure filtrabili con appositi carboni attivi, con impieghi che vanno dal settore del vetro a quello medico, ad esempio per un collirio per la secchezza oculare brevettato in Germania e che dal prossimo anno sarà distribuito anche in Italia, Usa e Giappone, oppure per farmaci antitumorali. Esclusi rapporti con l’Esercito e la produzione di Pfas con 6 atomi. Sono 128 i dipendenti della Miteni, 13 quelli del reparto di produzione dei perfluori. Ribadita anche la realizzazione della doppia barriera idraulica, a valle e all’interno dello stabilimento, con 12 pozzi che aspirano e bonificano l’acqua. Miteni si sta orientando anche su altri settori, in particolare nel campo farmaceutico.

Giorgio Zordan

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