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In moto nel deserto per una protesi

Al centro i motociclisti castellani Mirco Targon e Alice Zanni d dopo l’incontro con Ahmed
Al centro i motociclisti castellani Mirco Targon e Alice Zanni d dopo l’incontro con Ahmed
Al centro i motociclisti castellani Mirco Targon e Alice Zanni d dopo l’incontro con Ahmed
Al centro i motociclisti castellani Mirco Targon e Alice Zanni d dopo l’incontro con Ahmed

Oltre due mila chilometri in moto per consegnare la protesi di una gamba. Quando la solidarietà viaggia sulle due ruote, è proprio il caso di dirlo per il grande gesto di generosità di Mirco Targon, 43 anni, e Alice Zanni, 34, entrambi di Montecchio, che alcune settimane fa hanno consegnato la protesi di una gamba ad Ahmed, un ragazzo marocchino di 17 anni, che vive con la sua famiglia in un villaggio remoto vicino a M’ssici nel deserto del Sahara. Una catena della solidarietà, con un ponte tra Veneto e Sardegna.

«Tutto è nato grazie ad un’associazione, “I bambini del deserto” - racconta Mirco - che, a sua volta era in contatto con due ragazzi sardi di un’altra associazione che si chiama “Moto taccuino”, Alessio Ferrari e Nicola Manca, i quali hanno raccolto il denaro e fatto costruire la protesi in uno studio di tecnica ortopedica di Cagliari. Cercavano qualcuno che la portasse ad Ahmed, che aveva perso la gamba a causa di un incidente sul lavoro». Un’impresa non facile dal momento che il Marocco non è proprio dietro l’angolo. Ancor di più se il luogo è decisamente lontano dai consueti itinerari turistici.

«Dal momento che Alice e io siamo appassionati di viaggi in moto e ci piace girare l’Africa abbiamo deciso di andare in Marocco insieme con due amici cuneesi e consegnare la protesi arrivata dalla Sardegna. Poi avremo proseguito il nostro viaggio verso il Senegal e Gambia».

Dopo settimane di preparazione, e aver assicurato la protesi alla moto in modo che non risentisse del lungo viaggio, il quartetto è partito prima alla volta della Francia, per poi proseguire con l’itinerario. La prima destinazione era Tangeri. «Da lì ci siamo mossi verso l’interno - affermano i due castellani - dovevamo andare a Taghroute. Dato che si tratta di zone interne, nel deserto non è sicuramente facile contattare una persona al cellulare, perché le comunicazioni sono davvero ardue. Sapevamo solo dove dovevamo andare e poi avremo cercato il ragazzo». Dopo due giorni di viaggio il gruppetto è arrivato in un piccolo villaggio e ha chiesto aiuto al proprietario dell’unico bar della zona. «Ed è stato lui ad attivarsi per rintracciare Ahmed - proseguono - che però abitava ad altri 30 chilometri di distanza. Quando è arrivato, insieme a suo padre, all’inizio non ha capito chi fossimo, gli abbiamo mostrato la protesi e allora i suoi occhi si sono illuminati. Ci ha fatto capire che finalmente il suo incubo era finito. Per lui iniziava una nuova vita. È stato un momento emozionante per tutti noi». La protesi ora dovrà essere adattata perfettamente alle misure della gamba, ma il 17enne ha voluto provarla ugualmente e capire come si posiziona. «Dal momento che non parla francese, ma solo berbero ci siamo capiti soprattutto a gesti e grazie all’aiuto di un traduttore improvvisato gli abbiamo dato tutte le informazioni del caso». Ad Ahmed è stata regalata anche una bandiera della Sardegna, i quattro mori, che oggi sventola in un piccolo villaggio sperduto nel deserto. «Noi abbiamo proseguito il nostro itinerario - concludono Mirco e Alice - ma ci siamo fatti una promessa: continueremo con i nostri viaggi per aiutare altri ragazzi e bambini». E magari portare ad Ahmed il leone di Venezia che sventolerà accanto al vessillo sardo.  

Antonella Fadda

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