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Il mistero delle reliquie di San Vitale

La teca principale con le reliquie del santo conservate a MontecchioIl trittico con San Gregorio Magno, San Vitale e Santa CaterinaDon Guido Lovato con le reliquie di San Vitale. FOTO ALBERTO MASSIGNANIl duomo di Santa Maria e San Vitale a Montecchio Maggiore venne completato nel 1892
La teca principale con le reliquie del santo conservate a MontecchioIl trittico con San Gregorio Magno, San Vitale e Santa CaterinaDon Guido Lovato con le reliquie di San Vitale. FOTO ALBERTO MASSIGNANIl duomo di Santa Maria e San Vitale a Montecchio Maggiore venne completato nel 1892
La teca principale con le reliquie del santo conservate a MontecchioIl trittico con San Gregorio Magno, San Vitale e Santa CaterinaDon Guido Lovato con le reliquie di San Vitale. FOTO ALBERTO MASSIGNANIl duomo di Santa Maria e San Vitale a Montecchio Maggiore venne completato nel 1892
La teca principale con le reliquie del santo conservate a MontecchioIl trittico con San Gregorio Magno, San Vitale e Santa CaterinaDon Guido Lovato con le reliquie di San Vitale. FOTO ALBERTO MASSIGNANIl duomo di Santa Maria e San Vitale a Montecchio Maggiore venne completato nel 1892

Il comitato “Salviamo l’antica Pieve” è alle prese con un altro mistero. O meglio, con un altro enigma storico. Il primo riguarda proprio la Pieve, che sorgeva - la struttura, quasi integra, è visibile ancora oggi - nei pressi dell’attuale ospedale di Montecchio Maggiore. Pur essendo la chiesa matrice non solo della comunità montecchiana, ma dell’intera valle dell’Agno, a metà dell’Ottocento si decise di abbandonarla e di edificare il duomo di Santa Maria e San Vitale; dove peraltro furono portati altari, statue e arredi sacri della Pieve. Non si è ancora trovato un documento che chiarisca il motivo dello spostamento.

L’altro enigma vede protagonista proprio San Vitale, contitolare del duomo: nell’altare a lui dedicato ci sono due teche in vetro. Una ha la forma di una scatola e contiene varie ossa, messe piuttosto alla rinfusa. L’altra ha un osso soltanto ed è di forma più allungata. Sono, secondo la tradizione, le reliquie del Santo più noto di nome Vitale, l’ufficiale romano originario di Milano che nell’anno 303, assistendo al martirio di un medico cristiano, dichiarò apertamente la propria fede religiosa e venne a sua volta ucciso. Marito di Santa Valeria, padre dei Santi Gervasio e Protasio, Vitale venne martirizzato a Ravenna, dove sorge la notissima basilica a lui dedicata, consacrata nel 548, patrimonio dell’Unesco, decorata con meravigliosi mosaici. Vi sono conservate sì delle reliquie di Vitale, ma sono - stranamente - molto meno consistenti di quelle montecchiane.

LA STESSA PERSONA? I resti conservati a Montecchio erano originariamente collocati proprio nell’antica Pieve, il cui titolo principale era quello di Santa Maria, ma era conosciuta anche come chiesa di San Vitale: lo prova un testamento che risale al 1421. San Vitale aveva un proprio altare, nell’antica Pieve, di cui rimangono un trittico di bassorilievi, risalente alla fine del Cinquecento, che raffigura lo stesso San Vitale fra San Gregorio Magno e Santa Caterina; e la mensa dell’altare stesso. Trittico e mensa sono oggi nel duomo. Ma la cosa più interessante è che in quell’altare c’erano appunto i resti attribuiti a Vitale: come riporta Agostino Agosti nel suo “Memorie storiche di Montecchio Maggiore” (1909), nel 1746 era stata fatta un’esplorazione da parte dell’arciprete Gonzato, e soprattutto nel 1875 si decise di verificare. «Una commissione autorizzata dal vescovo di Vicenza, Giovanni Antonio Farina - spiega Roberto Borghero, uno dei componenti del comitato - rinvenne sotto la mensa dell’altare dedicato al martire due casse, una dentro l’altra, la prima in marmo rosso, l’altra in pietra bianca, presumibilmente dei Castelli. Dentro ancora c’era una terza cassa in legno con frammenti di due ampolle in vetro, alcune cornicette nere e varie ossa». Ne venne contata e descritta una sessantina. «Furono rinvenute anche alcune monete di epoche diverse, datate dal 1300 al 1772. Tutto fu riposto in un’archetta e sistemato nell’altare, fino al 21 agosto 1892 quando le reliquie furono traslate solennemente nel nuovo duomo».

Un esame sommario dell’elenco fa pensare che si possa ricostruire buona parte di uno scheletro. A Ravenna invece, come si diceva, i resti sono pochi e non ancora identificati: «Una delle ipotesi di lavoro - aggiunge Agostino Pilati del comitato - è che si possa trattare della stessa persona. A Ravenna procederanno con un esame delle loro reliquie, quindi le nostre potrebbero essere ulteriormente analizzate, soprattutto per metterle in connessione anatomica, per accertare cioè che appartengano a un unico scheletro». Le analisi saranno precedute da una ricognizione storica nei documenti d’archivio, tanto di Ravenna quanto di Montecchio, per ricostruire quanto più possibile la vicenda delle reliquie. «Pensiamo di dare una borsa di studio ad hoc a un ricercatore - dice ancora Pilati - Il comitato però non ha grandi disponibilità economiche. Confidiamo che ci possa aiutare qualche benefattore».

IL VIAGGIO. La ricognizione sui documenti potrebbe gettare luce su un altro aspetto ancora poco chiaro. Se davvero le reliquie appartengono al martire Vitale, perché sono state portate - gran parte di loro, almeno - da Ravenna, luogo del martirio, a Montecchio Maggiore? «Le ipotesi degli storici sono due - illustra Borghero - Secondo una tradizione fu il duca longobardo Peredeo, che aveva possedimenti a Montecchio e governava la città di Ravenna per conto del re Liutprando, a far trasferire nel 725 le reliquie dando il via il culto di Vitale a Montecchio. Secondo un’altra versione, le reliquie giunsero dopo che Montecchio, nel 1404, entrò a far parte della Serenissima Repubblica di Venezia: lo storico Agostino Agosti ritiene che qualche notabile della Repubblica di origini montecchiane, sapendo del culto di San Vitale alla Pieve, abbia fatto portare i resti da Ravenna, che a sua volta fece parte della Serenissima dal 1441 al 1509». I misteri del martire Vitale attendono risposta.

Gianmaria Pitton

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