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Il Cai racconta 70 anni di successi

Tra le spedizioni più recenti del Cai, l’Alaska, dieci anni fa.  ARCHIVIOÈ il 1954 e il Cai castellano affronta per la prima volta il CivettaLa prima consegna delle tessere ai soci Cai nel 1946.  A.F.Il 1961 vede il Cai di Montecchio sulla vetta del Cervino.  A.F.
Tra le spedizioni più recenti del Cai, l’Alaska, dieci anni fa. ARCHIVIOÈ il 1954 e il Cai castellano affronta per la prima volta il CivettaLa prima consegna delle tessere ai soci Cai nel 1946. A.F.Il 1961 vede il Cai di Montecchio sulla vetta del Cervino. A.F.
Tra le spedizioni più recenti del Cai, l’Alaska, dieci anni fa.  ARCHIVIOÈ il 1954 e il Cai castellano affronta per la prima volta il CivettaLa prima consegna delle tessere ai soci Cai nel 1946.  A.F.Il 1961 vede il Cai di Montecchio sulla vetta del Cervino.  A.F.
Tra le spedizioni più recenti del Cai, l’Alaska, dieci anni fa. ARCHIVIOÈ il 1954 e il Cai castellano affronta per la prima volta il CivettaLa prima consegna delle tessere ai soci Cai nel 1946. A.F.Il 1961 vede il Cai di Montecchio sulla vetta del Cervino. A.F.

Settant’anni e non sentirli. Il Club alpino italiano di Montecchio quest’anno festeggerà le nozze di ferro con la montagna, forte di ben 1.158 soci non solo castellani ma provenienti anche dai Comuni vicini, dalle altre province e addirittura da fuori regione. Non mancano anche i giovani soci, la più piccola è Elisa di appena un anno, mentre il più anziano è Giuseppe Serafini, 87 anni, che era presente alla fondazione e che quindi quest’anno festeggerà i “doppi” 70 anni.

Le celebrazioni sono fissate a metà giugno, proprio per ricordare quando, nel 1947, venne fondata la sezione all’ombra dei due castelli.

« Erano un gruppo di veri pionieri – racconta il presidente, Giovanni Beato – capitanati dal primo presidente, Ezio Camerra. Erano davvero appassionati della montagna: in fabbrica facevano gli straordinari per poter acquistare l’attrezzatura». Niente di tecnico e altamente tecnologico come accade oggi: le corde erano di canapa, si usavano gli scarponi e c’era addirittura chi, come Mario Gaianigo, si fabbricava i chiodi per le arrampicate nello stabilimento dove lavorava: la Ceccato. «Poi inforcavano la bici e andavo su fino a Recoaro per raggiungere poi Campogrosso – prosegue Beato -. Noi montecchiani siamo molto legati a quella zona, è stata da sempre la nostra palestra». Da Campogrosso poi i soci Cai di Montecchio hanno allargato i loro orizzonti ponendosi come unico limite solo il cielo. Il 1960, infatti, segna una tappa fondamentale nell’alpinismo della sezione. L’obiettivo è il Monte Bianco e per raggiungere Courmayeur i montecchiani partono in moto, carichi di zaini, corde, scarponi e tende. Subito dopo il Cervino, le Dolomiti da Cima Canali al Gruppo del Ferùc, dai monti del Sole fino al Civetta. «Dagli anni Settanta – aggiunge Beato - fino ai giorni nostri il numero degli alpinisti della nostra sezione che sono partiti per salire le montagne è aumentato sempre più. Dalla Cina al Pakistan fino alle Ande. Si può dire che hanno davvero girato il mondo ma non dimentichiamo gli altri gruppi come l’escursionismo, il gruppo sci, il trekking e lo storico campeggio che hanno fatto la nostra storia».

Per celebrare e ricordare la conquista delle vette, grandi o piccole che siano, e per ripercorrere i sette decenni il gruppo organizzerà una mostra fotografica con le immagini della storia della sezione e dei suoi protagonisti. «Faremo anche una serata con tutti i vecchi soci che racconteranno gli aneddoti e le avventure e organizzeremo una camminata serale da Recoaro Mille a Monte Falcone».

Antonella Fadda

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