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Montecchio Maggiore

I nipoti svelano
la storia segreta
del bisnonno killer

I due nipoti Marco Trevisan e Davide Franceschetto e alcuni dei documenti raccolti
I due nipoti Marco Trevisan e Davide Franceschetto e alcuni dei documenti raccolti
I due nipoti Marco Trevisan e Davide Franceschetto e alcuni dei documenti raccolti
I due nipoti Marco Trevisan e Davide Franceschetto e alcuni dei documenti raccolti

MONTECCHIO. Un segreto di famiglia e l’avventura di due cugini di Montecchio, alla scoperta della verità, che vestono i panni di “detective del passato”. È la storia di due giovani castellani, Marco Trevisan, 28 anni, che con Davide Franceschetto, 25 anni, stanno lavorando da due anni ad un’avvincente ricerca sulle tracce del loro bisnonno materno, Isidoro Bortolamai, viaggiando fra gli archivi storici di Vicenza, Venezia, Verona, Modena, Roma e le carceri di Castiadas e Cagliari.

Ad incuriosirli, questa figura misteriosa che sentivano nominare sin da bambini nelle messe a suffragio, fino ad un’inaspettata rivelazione della nonna: «Negli anni Trenta, Isodoro fu incarcerato per aver ucciso un guardaboschi a Brendola in una lite sui confini». Una ferita rimasta aperta per le famiglie coinvolte. Così l’istinto di colmare quel vuoto e saperne di più era troppo forte e, dopo un momento di disorientamento sul da farsi, Marco Trevisan ha avuto l’idea di consultare in varie biblioteche i giornali dell’epoca, mettendo insieme gli articoli dall’arresto alla condanna nel marzo 1937 a 24 anni di reclusione, da parte della Corte d’Assise di Vicenza.

«Saputo che cosa e come accaduto, dovevamo reperire - spiega Trevisan - la documentazione relativa al processo e alla detenzione». Ed è qui che Marco ha scoperto lo sconosciuto mondo degli archivi, scrigni della memoria collettiva e ne è rimasto affascinato. Mentre continua gli studi in Giurisprudenza e collabora nell’azienda di famiglia, dal novembre 2015 inizia a frequentare la scuola annessa all’Archivio di Stato di Venezia, nel quale si conserva l’immenso patrimonio documentario della Serenissima. «A lezione s’impara ad interpretare le carte antiche e le regole dell’amministrazione digitale».

Forte di questo nuovo bagaglio di conoscenze, Marco, con pazienza e un pizzico di fortuna, studiando tra i faldoni, ha ricostruito la vicenda del bisnonno. «Il momento più emozionante è stato sfogliare il fascicolo processuale. Ne emerge che il suo avvocato tentò, senza esito, di fargli accordare la semi-infermità mentale tramite perizia, evidenziando che dopo la guerra, in cui rimase ferito, non era più lucido; come lui stesso ammise negli interrogatori e come confermano alcuni testi».

Conclude: «È stato faticoso, ma mi sono divertito. Sono riuscito a ricordare una persona che, con i suoi errori e le sue sofferenze, è una tessera del mio mosaico familiare. Ero curioso di andare oltre il fatto ed indagare le sue origini, la psicologia e visitare i luoghi in cui era stato». La prossima tappa sarà completare l’indagine già iniziata sulle carte dell’ex colonia penale di Castiadas, dove il bisnonno morì nel 1946 e da cui scrisse affettuose lettere, ricche di pentimento ed apprensione per la moglie e i figli. «Mi ha colpito - sottolinea - constatare la severa condizione dei detenuti durante il fascismo e il duro lavoro con cui scontavano la loro bonifica umana». Del bisnonno, però, manca una foto: «Spero nella collaborazione di qualcuno che ne conservi una».

Laura Guarducci

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