<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

I ricordi del soldato Bassi «Io miracolato in Russia»

Leggere di un evento storico su un libro, non è come ascoltare la voce di chi quell’evento storico lo ha vissuto. Lo sanno bene i numerosi spettatori che hanno gremito l’aula magna della scuola primaria, per la serata “Odissea Bianca” organizzata dall’associazione del fante sezione “Rino Borgo”, che ha visto come ospite Giuseppe Bassi, classe ‘19, uno dei pochissimi reduci della campagna di Russia ancora in vita. L’incontro, introdotto da Tiziano Romio, presidente dei fanti camisanesi, e dal sindaco Eleutherios Prezalis è stato moderato dal professore Luciano Biasiolo. Geometra di professione, Bassi partì per la Russia volontario nel 1942, come sottotenente di complemento del 120esimo reggimento di artiglieria motorizzata. «Mi resi conto di cos’era la guerra quando morì un mio compagno, un genovese - ha esordito Bassi, accolto da un lungo e fragoroso applauso -. Eravamo in un bunker e un cecchino russo gli sparò alla gola. Cadde ai miei piedi senza pronunciare una parola». Bassi, rischiò la vita anche in altre occasioni. «Nel luglio del 1942 fummo attaccati dai carri armati russi. Mi salvai perché non avevo addosso l’elmetto. Mentre andavo a prenderlo, infatti, una granata colpì la zona dove stavo prima». La vera tragedia sarebbe però iniziata nel dicembre dello stesso anno, con la massacrante ritirata, tra fame, freddo e paura. «Mangiavamo solo neve. Quando passavamo vicino ad una stalla, andavamo a prendere quello che mangiavano i maiali, pezzi di zucca o di barbabietola». Il reduce fu così fatto prigioniero ad Arbuzowka, chiamata la “Valle della morte”, per essere poi rinchiuso in diversi lager, fino all’arrivo nel campo 160, a Suzdal, dove restò per più di tre anni. Sopravvissuto alle massacranti “marce del davai”, a meno trenta gradi, e alle epidemie di tifo, “Bassi l’ora” (così fu soprannominato durante la prigionia, perché fu l’unico a riuscire a nascondere un orologio nella scarpa), tornò finalmente a casa il 7 luglio 1946. Oggi, il campo di Suzdal, ex monastero, è diventato un museo, dove sono esposti alcuni disegni del lager, disegnati dallo stesso Bassi nel 1946. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Marco Marini

Suggerimenti