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Chiesa longobarda
riscoperta solo
dopo la tempesta

Il tempietto all’interno del cimitero di Caldogno, dopo il maltempo di domenica. STUDIO STELLA
Il tempietto all’interno del cimitero di Caldogno, dopo il maltempo di domenica. STUDIO STELLA
Il tempietto all’interno del cimitero di Caldogno, dopo il maltempo di domenica. STUDIO STELLA
Il tempietto all’interno del cimitero di Caldogno, dopo il maltempo di domenica. STUDIO STELLA

Se la carta d’identità - e a fare fede in questo caso sono l’architrave e pochi altri elementi- non mente, potrebbe candidarsi ad essere il più antico edificio calidonense e probabilmente non solo.

Con il suo millennio abbondante di età, la chiesetta longobarda edificata intorno al 700 dove oggi sorge il cimitero brilla per longevità ma anche, allo stesso tempo, per anonimia.

La grande sconosciuta del patrimonio pubblico è infatti tornata a fare timidamente capolino qualche giorno fa, vittima fortunatamente solo marginale della bufera di vento e acqua che domenica ha investito Caldogno.

Le raffiche a 100 chilometri orari del “downburst“, il fenomeno che si è verificato in paese, come ha spiegato Marco Rabito di Serenissima Meteo, hanno infatti provocato la caduta di alcune tegole e infiltrazioni d’acqua all’interno del tempietto.

Ma anche, involontariamente, la riscoperta di un bene dimenticato forse da troppo tempo.

«Prima di intervenire per riparare il tetto dovremo sentire la Soprintendenza» aveva spiegato l’assessore alla sicurezza Roberto Pesavento, viste le grane ancora in corso per questioni legate ad altri due edifici vincolati, l’ex municipio e villa Caldogno.

Anche la chiesetta longobarda infatti, di innegabile valore storico, è tutelata ma, come spesso accade, sconosciuta ai più. Utilizzata, attualmente, quasi solo per le messe di maggio della parrocchia di San Domenico.

«E’ stata oggetto di un intervento di ristrutturazione negli anni Novanta - ricostruisce l’assessore all’urbanistica Marcello Vezzaro - ma ad oggi in effetti non esistono piani di recupero e valorizzazione semplicemente perché abbiamo scelto di concentrarci, anche in vista di aperture future al patto di stabilità, sulla villa palladiana e sulla sala ex Enal nel vecchio municipio».

Proprio in vista di un incontro su questi temi con la Soprintendenza, l’amministrazione settimana prossima chiederà lumi anche su come muoversi nel sito longobardo, dopo le cadute di materiale dal tetto. Questo anche per evitare una nuova querelle con l’ente di tutela del ministero; il riferimento, in questo caso, è ad un episodio di novant'anni fa, era il 1927.

Motivo della contesa tra l’allora soprintendente veneziano Fogolari e il podestà Luigi Dal Toso, documentata da un carteggio recuperato dallo storico Galdino Pendin che lo utilizzò per la sua "Storia di Caldogno", la decisione del comune calidonense di abbattere la chiesetta.

«E si iniziò a farlo - aggiunge Pendin- salvo ricostruirla dopo l’altolà di Venezia, che bloccò la demolizione».

Tra le poche testimonianze longobarde della “cintura di ferro“ vicentina, assieme alla chiesetta di San Giorgio a Costabissara e a quella di San Martino a ponte del Marchese, il luogo di culto dedicato a San Michele non è stato però secondo il professor Pendin trattato nel modo migliore, durante i lavori di vent’anni fa.«E’ stata rovinata - non usa mezzi termini lo storico- l’hanno intonacata e con quella malta hanno tolto tutto il fascino della pietra e della struttura antica, di cui peraltro di originario resta solo l’architrave e poco altro».

Giulia Armeni

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