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«Bar degli anziani, una bisca da chiudere»

Il sindaco Nicola Ferronato è stato eletto l’anno scorso. CISCATO
Il sindaco Nicola Ferronato è stato eletto l’anno scorso. CISCATO
Il sindaco Nicola Ferronato è stato eletto l’anno scorso. CISCATO
Il sindaco Nicola Ferronato è stato eletto l’anno scorso. CISCATO

Una delle sfide che Nicola Ferronato ha dovuto affrontare non appena ha preso possesso della stanza dei bottoni è stata quella di scindere l’attività di amministratore da quella di medico. Facile a dirsi, difficile a farsi. Perché il confine fra il chiedere una consulenza per la prostata e domandare a che punto è la pratica edilizia per il garage di casa è assai labile. Così la ricetta rischia di confondersi con la delibera, specie se il paziente è anche elettore.

«Dirò di più - confessa Ferronato - alle patologie dei miei pazienti si è aggiunta la “comunite”. Le persone vengono qui e mi dicono: “Son malà par colpa del Comune” Come se l’ente pubblico fosse il male di tutto».

E succede che fra una misurazione della pressione e una diagnosi di cistite ci scappi la richiesta di un favore come sindaco?

«Accade, ma non per accelerare pratiche, la gente si rivolge a me per piccole cose, soprattutto contenziosi con i vicini, lamentele per la strada bucata piccole beghe di confine».

E le fa piacere?

«No, se devo essere sincero mi dà un po’ di fastidio, ma ormai ci convivo».

Lei è stato assessore al sociale per tanti anni ed è anche colui che ha fatto chiudere la sede degli anziani. Uno scherzetto mica da poco.

«Questa è un’accusa strumentale che mi hanno fatto. Non ho chiuso la sede ma il locale dove si trovavano per giocare a carte».

E perché poveri anziani?

«Perché quella era una bisca clandestina, altro che ritrovo ricreativo».

No scusi, mi faccia capire. Una bisca?

«Certo, giocavano a carte puntando soldi. Se ci fosse stato un blitz della finanza sarebbe stato un bel problema».

Ma chi gestiva la sede non controllava?

«No, ma soprattutto non ha impedito che il locale diventasse un vero e proprio bar, dove si svolgeva un’attività commerciale senza emettere scontrini. Quando l’ho scoperto sono intervenuto».

Non fa una piega detta così. Veniamo ai grandi progetti, centro equestre e Green City. A che punto sono?

«Il centro equestre è figlio di una grande passione per l’equitazione da parte del privato che ha lanciato il progetto. Noi l’abbiamo subito accolto, anche perché era un nuovo modo di vedere l’urbanizzazione. Stiamo parlando di un centro equestre, non di un ippodromo, dove praticare specialità olimpiche, costruito nel verde e quindi all’insegna della riqualificazione ambientale. La possibilità di vederlo realizzato dipende ovviamente dal proprietario in questo caso. La Green city nasce da un progetto che in origine era molto diverso e che era pensato per dare spazio a una grande area occupata da capannoni di attività produttive. I tempi sono cambiati e la proprietà ha deciso di rivedere l’intervento. Ora prevede uno spazio residenziale fatto di villette, un’area commerciale di 15 mila metri quadrati no-food e un albergo che adesso è stato ridimensionato».

Ambizioso come progetto, specie di questi tempi. Ma che possibilità ha di essere realizzato?

«Bah, guardi...»

Non me lo dica da sindaco però. Faccia conto che ci troviamo al bar e chiacchieriamo fra amici. Vorrei il suo pensiero vero.

«Allora se ci trovassimo al bar direi che il progetto è realizzabile al 50 per cento in questo momento. Dipende dagli americani che dovrebbero acquistare le villette».

Senta, come mai avete portato a casa un mega centro sportivo, con piscina e stadio di categoria superiore e vi siete “dimenticati” del palazzetto dello sport?

«In realtà era previsto nel vecchio Piruea, nella cittadella dello sport. Eravamo già al progetto esecutivo in quel di Rettorgole. Poi non se ne è più fatto nulla quando l’impresa Carta, che doveva realizzare l’opera per via di una perequazione con il Comune, ha rinunciato a costruire le altre opere collegate al piano. Adesso il nostro sogno è quello di poter costruire un nuovo palazzetto. Un sogno che virtualmente potrebbe essere realizzato anche domani perché i soldi li abbiamo. In cassa c’è un avanzo di amministrazione di 4 milioni e mezzo che però non possiamo utilizzare per il patto di stabilità. Il che è assurdo. Quindi, tutto dipende dalla sostenibilità economica e dallo sblocco dei soldi che già abbiamo».

C’è un’opera che vorrebbe “regalare” ai suoi cittadini prima di fine mandato?

«Non penso a grandi opere, ma al quotidiano. Mi interessa sistemare le buche nelle strade, aumentare il senso di sicurezza, mantenere il decoro».

Già, la sicurezza. Mi risulta che abbiate avuto a che fare spesso con i vandali.

«Sì, purtroppo, e per questo abbiamo deciso di investire nei controlli, compreso l’acquisto di una telecamera mobile. È seccante perché per colpa di pochi siamo costretti a spendere i soldi di tutti. Le dico che solo l’ultimo raid vandalico ci è costato 6.000 euro per riparare i danni. Mi dispiace perché noi possiamo fare tutto quello che vogliamo, anche in chiave educativa, per il rispetto delle norme civiche e della cosa pubblica, ma spesso ci rendiamo conto che i problemi sono alla base. Noi abbiamo una serie di strategie educative, ma manca la prima agenzia formativa, cioè la famiglia. Se l’input non parte dalla famiglia è difficile ottenere risultati».

Dennis Dellai

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