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Addio a Sasha
«Si è spento
con il sorriso»

Il piccolo Sasha scomparso a dieci anni, tra la nonna Vilma e il padre adottivo Carlo Arcaro
Il piccolo Sasha scomparso a dieci anni, tra la nonna Vilma e il padre adottivo Carlo Arcaro
Il piccolo Sasha scomparso a dieci anni, tra la nonna Vilma e il padre adottivo Carlo Arcaro
Il piccolo Sasha scomparso a dieci anni, tra la nonna Vilma e il padre adottivo Carlo Arcaro

Se n’è andato con il sorriso che non gli è mai mancato in questi quattro anni di calvario, tra il reparto di oncologia della Città della Speranza e terapia intensiva del San Bortolo. Nonostante una rara forma di leucemia gli avesse tolto un po’ di energia, quel biondo bambino nato in Russia aveva avuto la forza di dare forza a chi gli stava accanto. Carlo Arcaro di Quinto prima di tutto, l’uomo che aveva sposato la madre del piccolo e che nel 2013 era morta per un arresto cardiaco. E poi la nonna Vilma che vive a Lanzè, il gruppo di Team for Children di Vicenza, il personale medico dei due ospedali che Sasha ha frequentato senza mai tirarsi indietro. Sasha se n’è andato a soli 10 anni dopo aver ottenuto il doppio passaporto, la cittadinanza italiana dopo quella naturale russa. Dopo aver lottato anche dentro aule di tribunale davanti a giudici e avvocati per sostenere fino in fondo che lui voleva restare in Italia ed essere curato in Italia insieme a quello che non era il papà naturale ma lo era a tutti gli effetti per l’amore che gli aveva dato rimettendo in gioco la sua stessa vita.

Quel sorriso non c’è più in casa Arcaro e basta ascoltare la voce rotta di Carlo per capire quanto vuoto abbia lasciato quel bimbo sorridente abituato a soffrire per cause che non gli appartenevano. La morte della madre quattro anni fa, la scoperta della malattia da curare, le terapie continue, l’assistenza medica e poi la battaglia legale. «Mi resta il suo sorriso - racconta Carlo Arcaro -, il sorriso di un bimbo che forse alla fine era stanco di dover combattere sempre. Ma voglio ringraziare lo staff del reparto di pediatria, il day hospital oncologico e la terapia intensiva di Vicenza». La vicenda di Sasha era balzata alla cronaca per la disputa legale che ad un certo punto aveva messo in contrapposizione anche il governo russo e quello italiano. C’era da stabilire cioè di chi fosse la paternità del bimbo. Del padre naturale che vive a Orenburg a 5 mila chilometri da Vicenza e che non vedeva da anni il piccolo Sasha, oppure di Carlo Arcaro che pur non avendo un legame di sangue lo stava seguendo come un padre vero? Nell’agosto del 2016 il tribunale dei minori rinunciò al ricorso presentato qualche mese prima in cui si impugnava la precedente sentenza. In sostanza vinse la tesi che il padre russo non perdeva la potestà e che il padre adottivo sarebbe diventato Arcaro. Si trattò di un caso giudiziario che fece scuola: quella sentenza del tribunale dei minori confermò che l’adozione di un singolo è possibile davanti a casi estremi, soprattutto se si tratta di assistenza medica. Sasha ottenne così il doppio passaporto e continuò a curare quel terribile male in Italia in strutture di eccellenza, evitando così di dover tornare in Russia dove di fatto non aveva una famiglia. Sasha, il bambino con il sorriso, dopo 23 giorni di ricovero in pediatria a Vicenza se n’è andato domenica mattina tra la commozione di medici e infermieri.

«Un grazie lo devo anche all’avvocato Michele Carotta per aver realizzato il sogno di diventare papà di Sasha», spiega commosso. Arcaro. Giovedì alle 16 nella chiesa di Lanzè l’addio al piccolo Sasha.

Eugenio Marzotto

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