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Ponte di Mossano

«Fuggito nei Berici
dalle torture
dei Viet Cong»

Il giovane tenente Ong al tempo della battaglia di SaigonHuynh Hiep Ong mostra il diploma della scuola militare. FOTO GUARDA
Il giovane tenente Ong al tempo della battaglia di SaigonHuynh Hiep Ong mostra il diploma della scuola militare. FOTO GUARDA
Il giovane tenente Ong al tempo della battaglia di SaigonHuynh Hiep Ong mostra il diploma della scuola militare. FOTO GUARDA
Il giovane tenente Ong al tempo della battaglia di SaigonHuynh Hiep Ong mostra il diploma della scuola militare. FOTO GUARDA

Bat Khuat (L’indomabile) è il nome della classe dei chiamati alla leva del 1972 nel Vietnam del Sud, che fu l’ultima. Averne fatto parte è considerato una menzione d’onore, perché quell’anno tutti sarebbero dovuti andare alla guerra. Oggi Huynh Hiep Ong ha 63 anni, vive a Ponte di Mossano, fa il magazziniere e pensa alla pensione. Quarant’anni fa era un giovane ufficiale che prese parte alla battaglia di Saigon difendendo la capitale dall’attacco sferrato dall’esercito nordvietnamita e dai famigerati Vietcong, che il 30 aprile 1975 con la presa della città posero fine alla ventennale guerra del Vietnam. Tenente fresco di accademia – la selettiva Truong Bo Binh di Thu Duc, matricola 73/145.884 – viene subito mandato in prima linea. Gli scontri sono quasi quotidiani. Alle missioni nei villaggi e nella foresta per scovare le basi dei combattenti comunisti si alternano i loro assalti. Una scheggia di granata lo ferisce ad una gamba e resta in convalescenza due mesi. Quando torna la situazione è precipitata. Il fronte è alle porte della capitale.

LA BATTAGLIA DI SAIGON. «L’ultimo ordine era di continuare a combattere, e io sapevo quale era il mio dovere. Altri comandanti piuttosto che arrendersi si erano sparati un colpo», racconta Ong. La mattina del 30 apprende dalla radio delle dimissioni del presidente Van Thieu e sente lo sconvolgente appello del successore Van Mihn che chiede di arrendersi ai soldati del Nord. Il governo è deposto. La città capitola. All’orizzonte gli ultimi elicotteri americani impiegati nella grande operazione di evacuazione del personale civile da una Saigon ormai occupata sono puntini che spariscono. «Non volevamo lasciare che la nostra patria diventasse un regime comunista, ed eravamo disposti a combattere ancora». Ma è inutile. Il Vietnam del Sud si dissolve. Loro sono sempre di meno e i nemici molti, e hanno pure i carri armati. Non resta che tornare a casa, a Bac Lieu. Oltre duecento chilometri per lo più a piedi.

LA RIEDUCAZIONE. La famiglia è agiata, possiedono quello che ora sarebbe un centro commerciale, il fratello è direttore di banca. Passano le settimane, poi passa un’auto con l’altoparlante che dice che gli ex combattenti sudviet devono presentarsi per qualche giorno di studio. Invece sono tre anni nei campi di prigionia di Canh Den, Chan Doc e Moc Hoa. «Lavoravamo dieci ore al giorno, dovevamo scavare canali. Il cibo era una ciotola di riso, mangiavano quello che trovavamo in giro. Si dormiva in tende aperte, per terra, e intorno al campo filo spinato e torrette con le guardie. Chi scappava era ucciso». Oltre ai lavori forzati, la rieducazione. «Ogni giorno due ore di Marx e Lenin, e interrogavano. Chi non sapeva veniva punito». Alla fine qualcosa impara, viene giudicato non più pericoloso per la società e può fare rientro a casa ma l’attività di famiglia è stata confiscata, il fratello non lavora più e lui ha l’obbligo di firma alla polizia. Intanto si sposa, con Hong Hoa (che significa “rosa rossa”), che dopo qualche mese è incinta.

BOAT PEOPLE. «Se fossi rimasto ancora lì, avrei continuato a subire persecuzioni, e con me i miei figli. Così abbiamo deciso di abbandonare il Paese, che non sentivamo più nostro». Nel maggio del ’79 lascia il Vietnam per non farvi più ritorno. Corrompendo dei funzionari, riesce a salpare su un battello di fortuna. Sono i “boat people”, i profughi sulle carrette del mare che sbarcano sulle coste malaysiane. «Eravamo messi peggio di quelli che si vedono in tv adesso. La polizia malese ci portava da mangiare e diceva che potevamo restare finché non trovassimo aiuto». Che arriva con la spedizione umanitaria italiana formata dagli incrociatori Vittorio Veneto e Andrea Doria e dal rifornitore Stromboli. La famiglia Ong sale a bordo del Vittorio Veneto e a luglio sbarca a Venezia.

IN ITALIA. Sono ospitati a Jesolo, Asolo, Cesenatico, alla Croce Rossa di Forlì. A Sernaglia, Treviso, Ong trova un lavoro da apprendista falegname e la prima abitazione vera, una vecchia casa colonica dove a dicembre nasce la figlia Ngoc Yen (“rondine”). Nel 1980 di nuovo in Romagna, a Ferrara. Nell’83 nasce la secondogenita Ngoc Tran (“perla”). Nel 1991 arriva la terza figlia, Phuong (retta via). Anche lei frequenta l’accademia, ma di belle arti. È pittrice. Nel 2000 sono a Vicenza. Dal 2002 a Mossano. Huynh Hiep Ong è ancora in contatto con gli altri ex ufficiali Bat Khuat attraverso un sito internet. La maggior parte sta negli Stati Uniti, altri sono in Europa, lui è l’unico in Italia.

Matteo Guarda

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