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Bassano

Vivere con la Sla
«Non la accetto
e combatto sempre»

Cerantola a Istrana per uno show delle Frecce Tricolori
Cerantola a Istrana per uno show delle Frecce Tricolori
Cerantola a Istrana per uno show delle Frecce Tricolori
Cerantola a Istrana per uno show delle Frecce Tricolori

BASSANO. «Come ho fatto ad accettare la malattia? Io non l’ho accettata affatto!». Basterebbero queste parole, dettate con lo sguardo ad un computer, per tratteggiare un profilo di Riccardo Cerantola, il 43enne artigiano di Cartigliano, da otto anni affetto da Sla. Un uomo combattivo che, malgrado le pesanti limitazioni che la malattia gli impone, si aggrappa alla vita con tutta la forza che ha. E in questo è sicuramente aiutato, oltre che dai due figlioletti, da una donna straordinaria, la moglie Jenny Bresolin, 40 anni, parrucchiera, che gli è accanto nonostante al vita sia stata dura con loro. «Non è facile - dice - ma noi vogliamo andare avanti, ci vogliamo bene. Non cambierei mio marito con nessun altro».

Qualche sera fa, insieme alla moglie, Cerantola ha partecipato alla cena degli alpini di Rosà, gruppo al quale è iscritto perché, come ha spiegato Jenny, fanno «di tutto per fare quelle cose che ad altri in questa situazione sembrano impossibili».

«Basta fare le vittime - dice lui parlando di chi è affetto da una malattia come la Sla - Abbiamo più forza noi che dieci uomini messi assieme».

In alcune foto lei indossa la t-shirt con la scritta Sammy runs Venice. In un’altra la si vede a San Pietro con papa Francesco, in un’altra ancora a Istrana accanto alle Frecce Tricolori...

«Alla maratona di Venezia con Sammy Basso? Magari, lo ammiro tanto, a volte prendo ispirazione dalla sua forza. L’unica cosa che potevo fare per aiutarlo nella sua battaglia è stato acquistare un paio di t-shirt. Ma gli sono tanto vicino con il cuore. Incontrare il papa era un mio sogno. È stato in occasione dei 110 anni dell'Unitalsi di Bassano. Quel giorno, dopo un viaggio faticoso eravamo oltre le transenne. Fu una guardia svizzera a farci segno di seguirla. Dopo la messa, papa Francesco si è avvicinato a noi e ha benedetto me e i miei figli e mia moglie ha potuto abbracciarlo. Quella delle Frecce Tricolori fu una sorpresa a mio figlio. Organizzai tutto via internet trovando la disponibilità del col. pilota Maurizio D’Andrea. A Istrana ci hanno accolti come in famiglia e mia moglie e i miei figli sono saliti sugli Amg della pattuglia acrobatica, facendo sentire orgoglioso un papà che ha delle difficoltà».

Lei è un artigiano, un uomo abituato a considerare il lavoro prima di tutto manualità. Cosa ha pensato quando ha appreso la diagnosi? Come è riuscito ad affrontare la malattia?

«Nel 2005 mi ero messo in proprio, iniziando un lavoro di taglio muri, andava bene, collaboravo con ditte importanti. Nell’ottobre 2006 avevo notato una strana debolezza alla mano sinistra, da lì è iniziato il calvario di visite. A febbraio del 2007 è arrivata la sentenza, l’ergastolo… Ho lavorato fino a settembre del 2008, quando ho cominciato a cadere in cantiere ho capito che la Sla era più forte di me… Come malato le ho provate tutte: maghi, diete particolari, cellule staminali, ecc. Ma la Sla correva come un treno senza destinazione. Come ho fatto ad accettare la malattia? No, non l’ho mai accettata e mai la accetterò! Ogni giorno, ogni momento la combatto con tutte le mie forze! La Sla mi vorrebbe fermo, immobile, invece io le vado contro, facendo più cose possibili».

Quanto la moglie, i figli, i familiari o gli amici contano nel superare i limiti della disabilità?

«Per me sono tutto, sono loro la mia carica, la mia linfa vitale. Non staremo qui a parlare se non ci fossero loro… Poi ci sono tanti cari amici e parenti che mi danno supporto. Ho la fortuna che in tanti mi vogliono bene e questo mi aiuta molto».

È mutato il suo modo di rapportarsi alla vita, alle persone?

«Il rapporto con la vita è cambiato radicalmente, mi emoziono su piccole frasi, quelle dette con il cuore, specialmente dai miei bimbi, do valore a tutto più intensamente. Prima, quando stavo bene era tutto scontato, invece adesso c’è una logica in tutto, una carezza, un bacio, uno sguardo, tutto e cambiato. Con le persone? Alcune sono scomparse, forse perché non hanno il coraggio di vedere il Ricky forte e allegro ora fermo, immobile su un letto. Li capisco, non so come reagirei io ad avere un amico in questa situazione. Altri, invece, mi hanno consegnato il loro cuore, senza pretendere indietro nulla… Come si suol dire, nel male si vedono le persone che ti vogliono davvero bene».

Cosa ha pensato quando ha sentito della vicenda del dj Fabo, che ha scelto di togliersi la vita?

«È una domanda difficile. Di certo sono stato colpito da un giovane che decide di morire. Ma bisognerebbe capire la storia dietro a dj Fabo, come è giusto che tutti possano decidere della propria vita, ci mancherebbe! Io non sono contro l’eutanasia, però ho scelto di vivere ad ogni costo! Nel mio piccolo ritengo che la cecità di dj Fabo abbia influito molto sulla sua scelta. Per quanto mi riguarda, per scherzarci sopra, mi definisco un uomo “sepolto vivo”, ma con la testa ben fuori che vede i suoi tre amori ridere, piangere, scherzare, giocare. Io penso di non poter vivere senza i miei tre angeli custodi, non so se avrei la stessa voglia di lottare, la grinta per andare avanti. Non sono nessuno per dire cosa avrebbe dovuto fare chi ha scelto la morte. Non nascondo che se fossi solo, immobile e cieco, avrei forse fatto la stessa scelta di dj Fabo. Ma io sono fortunato, ho mia moglie Jenny che darebbe la vita per me, e io altrettanto per lei, ho due figli che mi amano follemente, parenti e amici che mi vogliono bene. Come farei a deluderli? Io combatto fino alla fine. Sarà nostro Signore a decidere».

Cosa vorrebbe dire a quanti vivono la disabilità e non vedono un futuro?

«Che non abbiano paura di uscire, che non si vergognino, che siamo persone anche noi, con qualche problema ma sempre rimaniamo noi stessi. Basta fare le vittime, abbiamo più forza noi che dieci uomini insieme. Siamo in possesso di un dono grandioso, una forza interiore che nessuno può sconfiggere».

Il prossimo sogno da realizzare?

«Un viaggio all’estero in qualche paradiso della natura con la mia famiglia. E vorrei andare a Medjugorie con Jenny e con Laura e Gianni che per me sono come fratelli».

Carlo Barbieri

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