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Un nuovo vincolo
blocca il progetto
della centralina

Una ricostruzione  dell’impatto ambientale della centralina
Una ricostruzione dell’impatto ambientale della centralina
Una ricostruzione  dell’impatto ambientale della centralina
Una ricostruzione dell’impatto ambientale della centralina

Un nuovo vincolo architettonico per le sponde del Brenta, a ridosso del Ponte degli Alpini, riaccende la polemica sulla centralina idroelettrica. L’iniziativa è partita dalla Soprintendenza archeologica di Verona, Rovigo e Vicenza e dovrà essere ora approvata dal ministero dei beni culturali. Per la ditta Belfiore ’90 di Nove, promotrice del progetto della centralina, si tratterebbe però soltanto di un nuovo tentativo per metterle i bastoni tra le ruote.

LA PROPOSTA. La Soprintendenza, capeggiata da Fabrizio Magani, ha avanzato la proposta di vincolo giustificandola con la necessità di proteggere la porzione cittadina che si estende sulle due rive del Brenta, dal ponte nuovo fino al fondo di via Pusterla, inglobando anche Santa Maria in Colle e il Terraglio.

«La perfetta compenetrazione tra architettura e paesaggio rende necessario salvaguardare con prescrizioni di tutela indiretta questo territorio - scrive la Soprintendenza -. Vanno quindi difese le attuali condizioni di conservazione e il contesto storico».

IL VINCOLO. In caso di approvazione, il nuovo vincolo influirà sulle scelte urbanistiche di circa 200 proprietari di immobili. La proposta, infatti, comporta in via cautelare la temporanea immodificabilità degli edifici che rientrano nei confini da tutelare. In quest’area è vietato quindi qualsiasi incremento volumetrico, planimetrico e di altezza degli immobili: il mantenimento della situazione attuale «serve per non depauperare la percezione dei beni culturali». Per quanto riguarda le aree libere, sono totalmente vietate edificazioni o modifiche dell’attuale morfologia degli scoperti, con particolare riferimento a interventi di scavo che alterino le altimetrie esistenti.

«Gli elementi storici come strade, piazze, scalinate, vicoli e muri - continua la Soprintendenza - devono essere conservati, e le manutenzioni vanno fatte con materiali della tradizione».

Nel documento si sottolinea pure il trattamento da riservare a rive e isole golenali del Brenta.

«Dovranno rimanere inalterate nella loro attuale conformazione morfologica - prosegue - e nell’alveo non potranno essere installate costruzioni, salvo le opere di sicurezza idraulica».

Tutti i progetti dovranno inoltre essere sottoposti alla preventiva valutazione della Soprintendenza, cui spetterà accertarne la compatibilità con le prescrizioni.

LA POLEMICA. «Prima il ricorso al Tar del Comune contro l’approvazione da parte della Regione del progetto, ora questa nuova proposta di vincolo - afferma il progettista dell’opera, l’architetto Piercarlo Comacchio -. Secondo noi è soltanto un ulteriore tentativo di ostacolare il nostro intervento, già approvato. Adesso si cerca di coinvolgere anche il ministero, imponendo altri vincoli su un’area che di fatto è già enormemente tutelata dal punto di vista paesaggistico. Si tratta di valutare ora se il vincolo avrà effetto retroattivo. A noi, comunque, sembra una irragionevole forzatura. Siamo sereni e attendiamo solo il momento più opportuno per iniziare i lavori, entro un anno dal decreto 189 del 27 ottobre 2016».

Enrico Saretta

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