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“Stecche” di metallo
per mettere in sicurezza
il Ponte degli Alpini

Turisti a passeggio sul Ponte imbandieratoSi allungano ancora i tempi per il restauro del Ponte Vecchio. FOTO CECCON
Turisti a passeggio sul Ponte imbandieratoSi allungano ancora i tempi per il restauro del Ponte Vecchio. FOTO CECCON
Turisti a passeggio sul Ponte imbandieratoSi allungano ancora i tempi per il restauro del Ponte Vecchio. FOTO CECCON
Turisti a passeggio sul Ponte imbandieratoSi allungano ancora i tempi per il restauro del Ponte Vecchio. FOTO CECCON

Stecche d’acciaio per tenere insieme le ossa rotte del Ponte. La soluzione, insieme ad altre ipotesi, è al vaglio degli uffici tecnici. L’importante è arrivare in sicurezza a gennaio quando i nodi che hanno bloccato i lavori dovrebbero essere sciolti.

«Se anche il Tar si pronunciasse in queste ore sul ricorso della “Nico Vardanega” – spiega il sindaco Riccardo Poletto – prima di gennaio non si potrebbe partire. La finestra estiva si sta per chiudere e dobbiamo pensare a mettere il monumento al sicuro».

Il primo atto è stata una delibera con la quale la giunta comunale ha dato mandato agli uffici comunali di provvedere. A preoccupare sono le strutture che si trovano sotto il pelo dell’acqua.

«Le travi sulle quali si sorreggono le stilate del settore che ha ceduto – precisa il sindaco – sono usurate in diversi punti. Un anno fa i sub dell’Ana sono intervenuti con dei martinetti. La stessa operazione è stata ripetuta in luglio con altri sostegni».

Sostegni che, in effetti, hanno bloccato i cedimenti e permesso di superare l’estate senza eccessive difficoltà. Per l’autunno, però, i “crick” che sorreggono le travi potrebbero non bastare.

«I martinetti – prosegue Poletto – poggiano sul letto del fiume, vale a dire sulla ghiaia. In caso di piene, qualche mulinello o corrente anomala potrebbe modificare la base di appoggio, col risultato del cedimento di alcuni supporti». Da qui, l’idea di “ingessare” le travi usurate con delle barre in metallo, come accade con un arto fratturato.

«Non c’è nulla di deciso – si affretta a precisare il sindaco - ma è un’ipotesi cui stiamo lavorando. Abbiamo chiesto ai nostri tecnici di capire se sia necessario intervenire e, in caso di intervento, specificare che cosa debba essere fatto. Non ci sono rischi di crollo, però avremmo preferito partire con i lavori prima dei mesi autunnali».

Sembra esclusa la ventilata ipotesi di ingabbiare il Ponte con un’armatura di metallo. Per ora, quindi, niente tubi a protezione del legno.

«Lo scorso anno – spiega Poletto – sono stati installati dei tiranti di sicurezza che stanno svolgendo il loro lavoro. In sostanza, abbiamo replicato l’operazione successiva all’alluvione del ’66. All’epoca la struttura era stata incurvata dal fiume e i tiranti erano serviti per rimetterla in asse. Per ora, i cavi di acciaio sono sufficienti e crediamo non sarà necessario ingabbiare il monumento».

Il sindaco precisa anche che la soglia di portata del fiume (480 metri cubi al secondo) oltre la quale scatterà il divieto di transito sul Ponte, è stata abbassata a scopo precauzionale e configura comunque situazioni eccezionali.

«Quota 480 non viene superata da anni - spiega - È chiaro, però, che il Ponte ha bisogno di attenzione e per sicurezza abbiamo abbassato la soglia precedente, fissata a 800 metri cubi».

Resta il disappunto per una sentenza che non arriva. «Abbiamo fatto presente ai giudici l’opportunità di risolvere in fretta la questione - chiude Poletto - Il Ponte di Palladio ed è un monumento di valore internazionale ed è interesse di tutti vederlo in salute».

Lorenzo Parolin

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