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Ponte, un nuovo caso Il legname «introvabile» era pronto sul mercato

Il Ponte con le ture che devono essere rimosse entro il 15 maggio. FOTO CECCONSempre alta tensione  tra Vardanega e il sindaco Poletto
Il Ponte con le ture che devono essere rimosse entro il 15 maggio. FOTO CECCONSempre alta tensione tra Vardanega e il sindaco Poletto
Il Ponte con le ture che devono essere rimosse entro il 15 maggio. FOTO CECCONSempre alta tensione  tra Vardanega e il sindaco Poletto
Il Ponte con le ture che devono essere rimosse entro il 15 maggio. FOTO CECCONSempre alta tensione tra Vardanega e il sindaco Poletto

Faccia a faccia questa mattina tra i tecnici del Comune e quelli della Vardanega. Dopo la risoluzione del contratto e l’annuncio del ricorso in tribunale da parte dell’azienda, le due parti devono ritrovarsi per appurare il cosiddetto “stato di consistenza” delle ture. È fondamentale stabilire infatti la quantità di materiale usato per le dighe in terra da rimuovere dal letto del Brenta e, di conseguenza, il costo dell’operazione. Ci sarà quindi un contraddittorio tra la Direzione lavori del Comune e i tecnici della Vardanega, in un contesto in cui latensione è alle stelle. Nel caso la ditta non si presentasse, i tecnici comunali potranno procedere autonomamente allo stato di consistenza, alla presenza però di due testimoni. Il computo finale sarà poi certificato dal collaudatore amministrativo, l’ingegner Luigi Chiappini di Treviso. Ovviamente, la cifra potrebbe essere contestata dall’azienda, per cui potrebbe essere chiamato a intervenire un perito del tribunale. Qualunque sarà l’esito del contraddittorio, le ture vanno rimosse tassativamente entro il 15 maggio. Nel frattempo emergono altri retroscena sulle dichiarazioni di Vardanega. L’imprenditore sostiene che il legno richiesto dal progetto (rovere con un’umidità di circa il 15 per cento) non esiste sul mercato. Affermazione che, si apprende, il Comune gli ha respinto ufficialmente da mesi: per ottenere queste caratteristiche sarebbe sufficiente acquistare o almeno ordinare il materiale per tempo, lasciandolo poi stagionare, cosa di cui l’azienda non si sarebbe preoccupata. Ecco il perché della contestazione del «grave ritardo» nell’approvvigionamento. Non solo: il Comune aveva scritto nero su bianco alla Vardanega che le norme consentivano anche l’utilizzo di legname con un’umidità maggiore, intorno al 20 per cento, da sottoporre poi a verifica. La corrispondenza relativa è dell’ottobre scorso. «Per quanto riguarda la presunta impossibilità di reperire gli elementi lignei descritti in progetto - scrive la Direzione lavori del Comune - ricerche di mercato effettuate presso fornitori specializzati nel settore hanno mostrato, contrariamente a quanto dichiarato dall’impresa, che le sezioni in rovere previste in progetto possono essere fornite senza particolare problematiche nell’arco di circa due mesi». Tra l’altro, secondo la contestazione, Vardanega avrebbe sbagliato anche le misure e la forma del legname stesso. Al di là del botta e risposta, emerge ora che il legno necessario sarebbe da tempo sul mercato, ma tutto si sarebbe arenato per questioni legate al costo. La circostanza viene rivelata dalla falegnameria Fratelli Cremona di Busseto: «Siamo stati contattati da diversi rivenditori ai quali la ditta che si stava occupando del Ponte degli Alpini si era rivolta - spiega il titolare, Archimede Cremona -. Ci chiedevano un rovere con un’umidità di circa il 20 per cento, stagionato una decina d’anni. Lo abbiamo da tempo nei nostri magazzini. E’ da parecchio che questa storia va avanti, ma l’affare non è più andato in porto per questioni legate al prezzo. Quello di questo rovere si aggira sui 3000-3500 euro al metro cubo, mentre la ditta voleva pagarcelo 1000». Il capitolato prevede però che per il legname la Vardanega possa spendere fino a 4mila euro al metro cubo: i conti potevano tranquillamente tornare. •

Enrico Saretta

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