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Legno introvabile e rebus Nardini I misteri del Ponte

Il Ponte degli Alpini visto dall’alto, con le ture delle prime due stilateI consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione hanno effettuato ieri un sopralluogo nel cantiere della Vardanega FOTO CECCON
Il Ponte degli Alpini visto dall’alto, con le ture delle prime due stilateI consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione hanno effettuato ieri un sopralluogo nel cantiere della Vardanega FOTO CECCON
Il Ponte degli Alpini visto dall’alto, con le ture delle prime due stilateI consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione hanno effettuato ieri un sopralluogo nel cantiere della Vardanega FOTO CECCON
Il Ponte degli Alpini visto dall’alto, con le ture delle prime due stilateI consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione hanno effettuato ieri un sopralluogo nel cantiere della Vardanega FOTO CECCON

«Quelle del Comune sono accuse pretestuose. Le criticità del progetto non possono essere risolte dalla mia impresa, che è esclusivamente l’esecutrice dei lavori». Giannantonio Vardanega replica così alle accuse dell’Amministrazione e alle contestazioni della Direzione lavori del Comune. Nonostante il suo contratto sia appeso a un filo, l’imprenditore non ha alcuna intenzione di passare per il capro espiatorio. Ieri, intanto, c’è stato un nuovo incontro tra i consiglieri di maggioranza e minoranza nel cantiere del ponte, nel tentativo di fare chiarezza sulla vicenda. Rimane però tutta una serie di misteri sul restauro. Ecco i più “caldi”. IL LEGNO. Il legno usurato del ponte va sostituito con altro legno stagionato a lungo, di rovere. Vardanega ha presentato nel tempo dei campioni che però non sono stati approvati dal Comune e dalla Soprintendenza. La motivazione risiede proprio nella stagionatura del tipo di legno, che non sarebbe adatto alla lavorazione: troppo umido. Ora Vardanega ha affermato di aver trovato il legno giusto nei Pirenei francesi, e di averlo accatastato a Silea. Ma sostiene che quello richiesto da Comune e Soprintendenza sarebbe introvabile o nemmeno commercializzabile, in quanto avrebbe una stagionatura eccessiva. Gli esperti di ponti sottolineano però che quello di Bassano potrà reggersi soltanto con un legno di lunga stagionatura. NARDINI. La cosiddetta “spalla Nardini”, dove dovrebbe appoggiarsi la trave di sostegno, è la nuova sede di tutte le polemiche. Vardanega sostiene che non può andare avanti con il cantiere perché l’area della spalla non è nelle sue disponibilità. Con questo, sottintende che il Comune lo avrebbe incaricato di lavorare senza essersi garantito la disponibilità dell’area: una tesi che autorevoli professionisti sostengono e una carta importante da giocare per chiedere i danni in un eventuale conflitto giudiziario. La convenzione firmata ancora nel 2016 tra Comune e Nardini sembra però dire altro: dichiara esplicitamente che l’accesso per l’occupazione temporanea è consentito, ma solo in due periodi dell’anno. Diverso è il caso di eventuali interventi strutturali, che sono subordinati a preventive verifiche sulla tenuta dei fabbricati, da effettuare «prima dell’inizio dei lavori in spalla». L’azienda lamenta che il Comune abbia affidato l’incarico a un ingegnere soltanto pochi mesi fa. Il Comune si ritiene nel giusto perché le verifiche andrebbero fatte appunto prima dei lavori sulla stessa spalla e non prima dell’avvio del cantiere in sé. In tutto questo si inseriscono comunque le tensioni tra i Nardini e il Comune, che sono un altro capitolo: i titolari della grapperia non sono convinti delle conclusioni secondo cui la situazione della spalla sarebbe invariata. In assenza di ulteriori garanzie l’autorizzazione ai lavori resterà una chimera. TRAVE DI FONDAZIONE. Il Comune accusa Vardanega di non aver mai stipulato il subappalto per la trave di fondazione, struttura fondamentale per il futuro sostegno del ponte e cuore del progetto di restauro. L’azienda replica però che prima di procedere con questo subappalto doveva avere ben chiaro com’era la situazione delle fondamenta, cosa che è stato possibile soltanto una volta messo in asciutta il Brenta. •

Enrico Saretta

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