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Le rivelazioni del pentito
Mani della ’ndrangheta
sul palazzo incompiuto

Il complesso edilizio dell’ex “Immobiliare Romano Centro“ in via Roma FOTO CECCONPaolo Signifredi
Il complesso edilizio dell’ex “Immobiliare Romano Centro“ in via Roma FOTO CECCONPaolo Signifredi
Il complesso edilizio dell’ex “Immobiliare Romano Centro“ in via Roma FOTO CECCONPaolo Signifredi
Il complesso edilizio dell’ex “Immobiliare Romano Centro“ in via Roma FOTO CECCONPaolo Signifredi

Le mani della ‘ndrangheta sul centro di Romano d’Ezzelino. Il grande complesso edilizio abbandonato che si trova proprio di fronte alla chiesa, definito dai residenti senza mezzi termini “ecomostro”, era finito sotto le grinfie del cosiddetto “commercialista della ‘ndrangheta” Paolo Signifredi, ora collaboratore di giustizia dopo aver lavorato per le cosche.

Si tratta di una vicenda complessa, di cui l’amministrazione guidata da Rossella Olivo ha tirato le fila proprio in questo periodo, tanto da voler rendere partecipe la popolazione in un incontro pubblico nei giorni scorsi.

È il 29 novembre del 2012 quando Signifredi diventa amministratore unico della società Immobiliare Romano Centro, con sede in via Pacinotti 29 a Piombino Dese (Padova), e prende in mano l’ecomostro di via Roma. Nell’ottobre 2013 la società viene posta in liquidazione volontaria e Signifredi è nominato liquidatore. Era proprio questo il suo compito. In sostanza, secondo le accuse confermate per ora da una sentenza di primo grado, Signifredi rilevava le quote di diverse società per poi metterle in liquidazione e acquisirne il patrimonio. Un lavoro che svolgeva per conto dei boss calabresi, come hanno stabilito i giudici di Brescia del processo “Pesci”, che il 27 aprile dell’anno scorso lo hanno condannato a sei anni di reclusione per estorsione e associazione di stampo mafioso.

Il processo bresciano ha confermato che tutte quante le rivelazioni riportate da Signifredi dopo il suo arresto nel 2015 corrispondevano al vero. In particolare, Signifredi ha raccontato i segreti delle attività economiche delle cosche calabresi nel Nord Italia. Per questo, l’uomo è entrato ufficialmente nel programma di protezione per i pentiti di mafia.

Il sindaco di Romano Rossella Olivo ha ricostruito tutta la vicenda a partire proprio dai primordi, e cioè da quando a metà anni ‘70 l’allora amministrazione ezzelina decise di costruire una nuova piazza Romano capoluogo, completa di negozi. Passarono i decenni e quel progetto naufragò sotto i colpi di diverse compravendite e passaggi di proprietà.

«Tra il ‘99 e il 2004, però, c’era la possibilità di dare una svolta all’intera vicenda - afferma il primo cittadino -. In quegli anni, infatti, scadeva il piano particolareggiato del Comune, per cui si poteva rimettere in discussione il progetto, bloccando le compravendite. L’amministrazione Zen, però, stabilì una nuova proroga e le compravendite sono proseguite. Quella volta soltanto io e l’assessore Massimo Ronchi, che eravamo in minoranza, abbiamo votato contro».

Ecco quindi che negli ultimi anni le compravendite sono potute procedere anche sotto l’Amministrazione Olivo.

«Ma ad un certo punto ci è arrivata la comunicazione che questa Immobiliare Romano Centro, in liquidazione, chiedeva il rinnovo di una concessione edilizia - prosegue il sindaco - a noi però il complesso risultava nelle mani di un’altra proprietà, di cui nell’ultimo periodo si erano perse le tracce».

Allarmata dalle notizie sul fronte giudiziario, l’amministrazione ha svolto accertamenti ottenendo la conferma che l’Immobiliare Romano Centro era proprio una tra le venti società seguite in Veneto dal “commercialista” per conto dei boss della ’ndrangheta. Da allora la situazione si è cristallizzata. «Ad oggi il Comune non può fare nulla per risollevare le sorti di quel complesso - chiude Olivo - Ci risulta sia in corso un pignoramento da parte di una banca. Dopodiché probabilmente sarà rimesso all’asta. Soltanto a quel punto anche il Comune potrà decidere se avanzare dei progetti».

Enrico Saretta

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