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La fiction fa il boom
Oltre sei milioni alla tv
Ma la città si divide

Francesca De MarchiElide BellottiLa proiezione della prima puntata de “Di padre in figlia“ l’altra sera in Sala Da Ponte FOTOSERVIZIO CECCON
Francesca De MarchiElide BellottiLa proiezione della prima puntata de “Di padre in figlia“ l’altra sera in Sala Da Ponte FOTOSERVIZIO CECCON
Francesca De MarchiElide BellottiLa proiezione della prima puntata de “Di padre in figlia“ l’altra sera in Sala Da Ponte FOTOSERVIZIO CECCON
Francesca De MarchiElide BellottiLa proiezione della prima puntata de “Di padre in figlia“ l’altra sera in Sala Da Ponte FOTOSERVIZIO CECCON

Se fiction di punta doveva essere, fiction di punta è stata. “Di padre in figlia” ha fatto il botto. Ben 6 milioni 240mila italiani martedì sera si sono sintonizzati su Rai Uno per assistere alla prima puntata della serie tv ideata da Cristina Comencini. Uno share del 24 per cento, più di tutti gli altri programmi in onda sulle reti nazionali. Se la puntata ha visto quindi gli italiani assistere in massa alle vicende della famiglia Franza e alla lotta per l’emancipazione delle due giovani figlie contro il padre padrone interpretato da Alessio Boni, i bassanesi si dividono tra entusiasti e critici. Del primo gruppo fa parte, ovviamente, il sindaco di Bassano Riccardo Poletto, che martedì sera ha assistito alla proiezione in sala da Ponte seduto accanto al regista Riccardo Milani. «L’ho “disturbato” continuamente per chiedergli informazioni sulle motivazioni di determinate scelte registiche - riferisce il primo cittadino -. La storia mi è piaciuta e che la nostra città risalta molto. Il nome di Bassano viene citato diverse volte e il Ponte degli Alpini si vede spesso, come altri luoghi, tra cui il mio ufficio».

In effetti, durante la proiezione in sala Da Ponte non è passata inosservata agli spettatori la scena in cui il protagonista Giovanni Franza incontra il personaggio che interpreta il sindaco di Bassano proprio nello studio di Poletto. E i cittadini-spettatori? All’uscita della sala, se sulla sceneggiatura c’è stata qualche alzata di sopracciglio, fotografia e scorci di Bassano hanno raccolto apprezzamenti bipartisan. «La fiction mi è piaciuta – commenta Elide Bellotti, memoria storica e animatrice di decenni di vita culturale in città -, anche perché coglie bene un Veneto che appartiene al passato e dice, in sostanza, tutto il nostro percorso sul fronte dei diritti civili».

Entusiasta anche Antonia Guazzo: «Attori bravi, bella regia e Bassano protagonista. Perfetto». Gianluigi Traina si è emozionato a vedere la sua scuola elementare e l’aula in cui si è laureato. «Belli gli scorci e la fotografia – commenta -. Su altre cose, come la scelta del dialetto e l’intreccio, si può discutere».

Giamberto Petoello, già premio Cultura Città di Bassano, sintetizza la fiction in una battuta. «Diciamo che non è Stanislavskij – rileva -, ma la città ne esce da protagonista e gli scorci della nostra Bassano sono emozionanti». Più che soddisfatta anche la giovane Francesca De Marchi: «Qualche scena un po’ “calda” all’inizio forse poteva essere addolcita, ma la storia funziona. Poi, chi l’aveva mai vista Bassano così?».

Critiche sono però state espresse da altri spettatori sul presunto eccesso di stereotipi su un Veneto godereccio e incline al bere. Drastico, per esempio, Gabriele Ceccato, secondo cui la fiction «non è assolutamente in linea con la bellezza e la vivacità culturale di Bassano». Il dibattito è continuato sui social.

La storia ha preso liberamente spunto anche dalle vicende di un’altra famiglia bassanese, i Manfrotto. Dopo la presentazione di un suo libro a Palazzo Roberti, infatti, Cristina Comencini si era trattenuta a cena con le sorelle Manfrotto, che le hanno raccontato la storia del padre Lino, fondatore dell’azienda diventata leader nella produzione di attrezzature fotografiche, e della celebre libreria che loro stesse guidano.

Enrico Saretta Lorenzo Parolin

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