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«L’odio non rovini l’amore che la vita
ci ha insegnato»

Marta e Luca Luca Russo e Marta Scomazzon. Questa foto, che li ritrae felici e innamorati, era la loro  preferita
Marta e Luca Luca Russo e Marta Scomazzon. Questa foto, che li ritrae felici e innamorati, era la loro preferita
Marta e Luca Luca Russo e Marta Scomazzon. Questa foto, che li ritrae felici e innamorati, era la loro  preferita
Marta e Luca Luca Russo e Marta Scomazzon. Questa foto, che li ritrae felici e innamorati, era la loro preferita

«Il ricordo di Luca e dei bei momenti passati insieme non lascerà mai la mia mente e soprattutto il mio cuore. Sono sicura che il tempo e l’aiuto di tutte le persone che mi sono vicine riusciranno a rendere questi ricordi meno dolorosi e farli diventare un porto sicuro su cui potrò sempre fare affidamento».

È il ricordo di Marta Scomazzon a un mese esatto dal terribile attentato di Barcellona in cui è rimasto ucciso il fidanzato Luca Russo. Trenta giorni in cui le due famiglie hanno dovuto affrontare l’inferno, cominciare ad accettare una perdita tanto grave, avvenuta in uno dei modi più spietati che si possano immaginare. Sono stati giorni duri, e non sono finiti. I famigliari sono costantemente seguiti dagli psicologi. «Senza il loro sostegno sarebbe difficilissimo affrontare questo momento», spiega Marta, seduta alla scrivania della sua cameretta. Il braccio destro è ancora protetto dall’ingessatura, ricoperta di scritte e disegni lasciati dagli amici, la caviglia sinistra comincia a migliorare. «Adesso posso appoggiare per qualche minuto il tallone, così almeno sono leggermente più autonoma nei movimenti, non ho più dolore, e anche questa è una bella consolazione», spiega la studentessa di scienze politiche. Sulla scrivania, insieme a tante foto che ritraggono i momenti felici passati col fidanzato, c’è il pc acceso, Marta lo guarda quasi con timore. «Sto ricominciando a lavorare sulla tesi, vorrei provare a laurearmi in novembre, come avevo promesso a Luca. Era lui che mi dava coraggio prima degli esami. Io sono timida, parlare in pubblico non mi piace molto, ma con il suo supporto ci sono sempre riuscita. Lo so che devo laurearmi per me, me lo ricordano sempre anche gli psicologi ma se sono arrivata a questo punto il merito è soprattutto di Luca, quindi la laurea sarà anche sua. Vorrei che fosse orgoglioso di me». Marta ricorda ancora poco dei tragici momenti dell’attentato. «C’è un istante, proprio una frazione di secondo, in cui ho visto delle persone davanti a noi che si spostavano velocemente dalla strada, ho pensato “forse dovremmo fare così anche noi”, poi siamo stati travolti alle spalle ed è stato il buio”».

I due giovani erano vicini mentre attraversando la Rambla. Marta è viva per miracolo. «A volte penso che doveva andare così - spiega commossa - che se Luca non fosse morto su quella strada, forse sarebbe successo un altro giorno, da un’altra parte. Pensare che dovesse andare così, che fosse proprio inevitabile perderlo, mi da più coraggio per affrontare tutto questo. Non penso mai che a ucciderlo siano stati i terroristi, penso solo che non c’è più. Anche così è più semplice, altrimenti oltre al dolore sentirei anche la rabbia, e io non voglio, non è da me, nemmeno Luca vorrebbe sapermi arrabbiata. Il male che ci ha travolti non deve diminuire di un millimetro l’amore che la vita ci ha insegnato». Marta ha tanti ricordi insieme a Luca, nell’ultimo, felice, erano al museo della musica di Barcellona. «Eravamo rimasti incantati da un lampadario enorme che al centro aveva un sole giallo incredibile e luminosissimo. In sottofondo c’era un organo che suonava una canzone. Ci siamo abbracciati per stare ancora più vicini. Era tutto perfetto». “Forrest Gump”, uno dei film preferiti di Luca, anche per la frase che lui ripeteva spesso, “la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”. «A me è capitato il più buono di tutti», conclude Marta con il sorriso e le lacrime agli occhi.

Francesca Cavedagna

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