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L’abate: «Basta web Fatevi di persona gli auguri di Natale»

Il presepe, simbolo natalizio davanti a San FrancescoDon Andrea Guglielmi
Il presepe, simbolo natalizio davanti a San FrancescoDon Andrea Guglielmi
Il presepe, simbolo natalizio davanti a San FrancescoDon Andrea Guglielmi
Il presepe, simbolo natalizio davanti a San FrancescoDon Andrea Guglielmi

Lorenzo Parolin «A Natale lasciate perdere le tastiere e fatevi gli auguri di persona». Per l’omelia nella messa principale del 25 dicembre a San Francesco, l’abate Andrea Guglielmi ha scelto la stretta attualità, lanciando un messaggio in controtendenza rispetto alla frenesia dei clic per dire “mi piace” e degli auguri stereotipati via messaggio che in questi giorni si moltiplicano a dismisura. «Nel mondo delle notizie gonfiate o della “postverità” e nella rete dei “social” – ha detto il religioso -, non si cresce, non si impara e non si migliora. In sostanza, dipendendo dal web non si costruisce nulla, e chi si nasconde su internet dietro a un nome di battaglia contribuisce solo far crescere il volume una bolla vuota». Parole nette, quelle dell’arciprete, pur esperto di nuovi linguaggi e capace di comunicare anche tramite essi con i giovani. «Non si tratta di demonizzare l’uso della rete, con la quale ci confrontiamo tutti i giorni – ha precisato -, ma di tenere ben presente la differenza tra le relazioni virtuali e ciò che di reale ci offre la vita. Si tratta, insomma, di lasciare le nostre impronte sulla terra, andando in direzione opposta alla cultura dell’astensionismo e dell’effimero che oggi va per la maggiore». È questo, secondo don Guglielmi, il senso profondo del Natale: quello di una presenza di ogni individuo nella realtà. Ancora, «Tweet, post e messaggi su whatsapp sono parte del nostro sistema di comunicazione – ha aggiunto -, ma la parola autentica è ben diversa. La parola, non solo religiosa, ha bisogno dei piedi, cioè del nostro impegno concreto, per andare incontro agli altri con responsabilità». Da qui, il richiamo al vangelo di Natale, quello del “Verbo che si fa carne”. «La carne di cui parla il Vangelo, ai giorni nostri, è quella del richiedente asilo – ha aggiunto l’abate – che dovunque sia si sente sempre fuori luogo; è quella degli ammalati che troppo spesso parcheggiamo in attesa della destinazione finale. Ma carne siamo anche noi, con le nostre giornate fatte di problemi e scadenze continue: l’invito per Natale è fermarci a osservare e a cogliere la bellezza della vita nelle piccole cose di ogni giorno». A conclusione di un anno segnato per la comunità bassanese dalla tragica scomparsa nell’attentato di Barcellona del giovane Luca Russo, non poteva mancare un riferimento ai fatti di cronaca. «La parola che traduciamo come “Verbo” – ha chiuso il sacerdote – nell’originale greco è “logos”. Un termine che tra le altre cose significa anche “promessa” e “progetto”: nel mantenere giorno per giorno le nostre promesse, nel portare a compimento i progetti, anche di chi non può più completarli, sta racchiusa la dimensione di umanità che rende credibile l’augurio di “Buon Natale” che in questi giorni ci scambiamo». •

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