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Il fondatore della Inco: «Ecco cosa cambierà nel restauro del Ponte»

L’ingegner Alessandro Guarnieri davanti al Ponte FOTO  CECCONLe operazioni di installazione della prina delle maxi-travi in acciaio destinta a sorreggere le stilate
L’ingegner Alessandro Guarnieri davanti al Ponte FOTO CECCONLe operazioni di installazione della prina delle maxi-travi in acciaio destinta a sorreggere le stilate
L’ingegner Alessandro Guarnieri davanti al Ponte FOTO  CECCONLe operazioni di installazione della prina delle maxi-travi in acciaio destinta a sorreggere le stilate
L’ingegner Alessandro Guarnieri davanti al Ponte FOTO CECCONLe operazioni di installazione della prina delle maxi-travi in acciaio destinta a sorreggere le stilate

È un bassanese doc il fondatore della Inco di Pergine Valsugana, la ditta che sta portando avanti il restauro del Ponte degli Alpini. Un bassanese che vive proprio a due passi dal monumento, in via Volpato, e si confronta quasi ogni giorno con i responsabili del cantiere. Non avrebbe mai pensato, l’ingegner Alessandro Guarnieri, 78 anni, che l’azienda da lui fondata nel 1980 fosse incaricata dal restauro di quel ponte che per tutta la vita ha ammirato dalla finestra di casa sua. Una bella soddisfazione, ingegnere, vedere la sua azienda lavorare così alacremente sul Ponte. «Sono entusiasta del lavoro che stanno svolgendo i tecnici della Inco. Sono tutte persone che sono cresciute professionalmente con me, compresi gli attuali titolari, il sindaco di Pergine Roberto Emmer Ros e il geometra Leonello Ruatti. Vederli procedere bene è un grande orgoglio». Quando ha fondato l’impresa? «Nel 1980. Provenivo dall’esperienza in un’altra ditta e assieme al collega Dario Bernabè decisi di intraprendere quest’avventura professionale in proprio. Sono rimasto in azienda fino al 2005, ma poi ho continuato a seguirla passo dopo passo e anche per il cantiere del Ponte ho portato il mio contributo». Sta quindi seguendo il restauro da vicino? «In tutti i sensi. Abito a 50 metri dal ponte, per cui in caso di problemi, come una piena, posso avvisare in tempo reale la Inco. Ma in realtà seguo questa vicenda sin da quando il progetto è stato approvato. Un progetto che non ho mancato di criticare, anche confrontandomi direttamente con il professor Claudio Modena». Si riferisce alla sua adesione al comitato degli Amici del Ponte? «Sì, anche se da quando l’appalto è stato affidato alla Inco sono uscito da quel comitato. Proprio per evitare strumentalizzazioni». Quindi, secondo lei, quel progetto è sbagliato? «Non voglio entrare nel merito, anche se a mio parere il precedente appaltatore si era arenato per difficoltà interne, non certo per le caratteristiche del progetto. Credo però che per alcune questioni si potevano trovare soluzioni più semplici». A cosa si riferisce? «Innanzitutto alle travi di fondazione: la prima è arrivata proprio in queste ore e sarà posata sotto le stilate. Io avevo proposto delle alternative, sulla base della mia preparazione tecnica e della mia esperienza quarantennale nei cantieri». Cos’ha la nuova trave che non va? «C’è il rischio che la sua struttura, composta da una reticolare in acciaio, porti i rami trascinati dal fiume a incastrarsi al suo interno». Lei cos’aveva proposto? «La mia era una soluzione meno invasiva, ma che non avrebbe permesso di mantenere la trave del Casarotti. Ora però sembra che Comune, ditta e Soprintendenza stiano dialogando per capire cosa fare di quel reperto storico. Non è escluso che venga portata in museo». Sarebbe la soluzione giusta secondo lei? «Sì, è un pezzo storico, di castagno, molto bello. Sarebbe sicuramente più apprezzabile in un museo piuttosto che sotto l’acqua, dove non può vederlo nessuno». L’altra grande questione è quella relativa alla spalla Nardini. Ora il Comune sta cercando di bypassare le insidie della convenzione evitando l’appoggio della trave d'impalcato alle spalle. È una soluzione percorribile a suo parere? «In realtà, ora nelle stilate saranno introdotte delle controventature, ovvero dei tiranti in acciaio che servono per la sicurezza del ponte in assenza della trave d’impalcato, e cioè fino al suo inserimento. In realtà, i tecnici stanno valutando che questi tiranti, che sarebbero all’interno delle stilate e quindi non visibili, potrebbero anche essere mantenuti dopo il restauro. In tal caso, la trave d’impalcato potrebbe anche non servire, perché le spinte del fiume in caso di piena verrebbero trasferite al basso e non più alle spalle del ponte». Ma così non si rischia di snaturare del tutto il progetto Modena? «No: la trave di fondazione in acciaio viene mantenuta e anche la trave d'impalcato potrebbe rimanere, senza l'aggancio alle stilate. Così potrebbe contribuire a ripartire la spinta del fiume fra le stilate senza trasmettere ulteriori sollecitazioni alle spalle». •

Enrico Saretta

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