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Il Brenta alla guerra
della portata minima
«Disastro aumentarla»

Il Brenta sta risentendo molto della siccità e il deflusso vitale già ora è mantenuto a fatica FOTO CECCON
Il Brenta sta risentendo molto della siccità e il deflusso vitale già ora è mantenuto a fatica FOTO CECCON
Il Brenta sta risentendo molto della siccità e il deflusso vitale già ora è mantenuto a fatica FOTO CECCON
Il Brenta sta risentendo molto della siccità e il deflusso vitale già ora è mantenuto a fatica FOTO CECCON

Davide Moro C’è grande preoccupazione nel Bassanese. Ministero e Regione stanno valutando di aumentare il valore del “deflusso minimo ecologico” del Brenta, in pratica la portata minima sotto la quale un fiume non può andare. Una variazione chiesta dall’Europa a tutela dell’ambiente ma che rischia di avere conseguenze gravissime. A sollevare il caso è il Consorzio di bonifica Brenta, che lancia l’allarme: «Si parla di raddoppiare o triplicare il “deflusso minimo ecologico” del Brenta: ciò potrebbe devastare l’economia locale, desertificare i terreni destinati all’agricoltura e creare pesanti problemi igienico-sanitari, ad esempio ai depuratori. Con il clima sempre più “pazzo”, infatti, la siccità è stata appena attenuata dai pochi giorni di pioggia visti finora e una normativa più restrittiva creerà enormi problemi». Il deflusso minimo vitale è definito dalla normativa come “la portata che deve garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corso d’acqua, chimico fisiche delle acque, nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali”. Per il tratto bassanese del Brenta è pari a 4,7 m3/sec: in sostanza, tutte le derivazioni devono “lasciare” almeno tale portata. Di aumentare il valore si parla dalla scorsa estate, ma nell’ultimo periodo pare esserci stata un’accelerazione della discussione e un provvedimento potrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Una vera e propria “spada di Damocle”, che si aggiunge alla già difficile situazione climatica: i profondi cambiamenti degli ultimi anni, con periodi di siccità i cui effetti sono solo mitigati dalle precipitazioni, ed estati africane, stanno creando non pochi grattacapi. Ulteriori limitazioni al prelievo di acqua, a detta degli esperti, faranno azzerare le contromisure messe in campo dalle istituzioni. Il Consorzio di bonifica Brenta ha già inviato un documento all’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi orientali di Venezia, l’ente competente in materia, inoltrandolo pure a Regione, Province, Comuni e categorie economiche bassanesi, con il quale chiede di valutare attentamente la particolare situazione del Brenta. Ed è pronto a coinvolgere tutti i sindaci. «Siamo molto preoccupati - affermano il presidente Enzo Sonza e il direttore Umberto Niceforo - per la gravità delle conseguenze che potrebbe avere l’aumento di quel valore: il Consorzio di fatto chiuderebbe, l’agricoltura e il suo indotto entrerebbero in crisi e, tanto per fare un esempio, il fossato di Cittadella, da poco dichiarato navigabile per fini turistici, potrebbe restare a secco, così come i tanti canali, anche antichi, che attraversano il territorio». «Il regime del fiume Brenta - scrive il Consorzio nel documento - è del tutto particolare ed è opportuno ricordarlo. Dal punto di vista idrologico, può essere classificato più come torrente che come fiume, in quanto è caratterizzato da magre estreme, di pochi metri cubi al secondo, e da piene importanti (nel 1966 fu stimata una portata di oltre 2.400 metri cubi al secondo). Quest’estate la portata a monte dell’immissione del torrente Cismon, suo principale affluente, si è ridotta a soli 6 metri cubi al secondo, un valore emblematico. Del resto il torrente Cismon è completamente regolato in modo artificiale da una serie di invasi, Senaiga e Corlo in primis, preziosi per incrementare le portate naturali e integrarle a favore dell’irrigazione. Senza tali bacini le portate estive sarebbero inferiori. Dal punto di vista idrogeologico, invece, da Bassano all’altezza di Pozzoleone il fiume ha carattere disperdente in quanto la falda è sotto l’alveo: in condizioni di magra, quindi, il rilascio nel fiume di portate per scopi ecologici rischia di essere vanificato dalla natura stessa del Brenta. È grazie al sistema elettro-irriguo che “in magra” oggi nel fiume c’è più acqua del normale, altrimenti pochi chilometri a sud di Bassano sarebbe a secco». Il minimo deflusso vitale stabilito dal Piano di tutela delle acque della Regione non a caso prevede delle deroghe per il bacino del Brenta. «Ma anche per il sistema dei canali consortili è necessario mantenere un minimo deflusso vitale - aggiunge il Consorzio -, che per la vastità dell’estensione di tale rete di canali e per la molteplicità e delicatezza degli utilizzi in essa presenti si stima debba essere dell’ordine di almeno 20 m3/sec. La mancanza d’acqua comporterebbe gravissimi danni: attività agricola, tutela ambientale, standard igienico-sanitari per 250 mila abitanti (in 54 comuni e 700 km quadrati), fauna ittica nei 2.400 km di canali e risorgive sarebbero compromessi». «Chiediamo quindi - conclude il Consorzio - di non aumentare i valori del minimo deflusso vitale oppure di prevedere una sua eventuale riduzione in base alla situazione del Brenta». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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