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I progetti dell’archistar
costati 300 mila euro
incustoditi nel sottoscala

Facile per chiunque aprire le custodie e disporre dei disegni originaliLe casse con i progetti di Chipperfield abbandonate nel sottoscalaL’architetto David Chipperfield alla presentazione dei suoi progetti per il Lungobrenta, nel 2010
Facile per chiunque aprire le custodie e disporre dei disegni originaliLe casse con i progetti di Chipperfield abbandonate nel sottoscalaL’architetto David Chipperfield alla presentazione dei suoi progetti per il Lungobrenta, nel 2010
Facile per chiunque aprire le custodie e disporre dei disegni originaliLe casse con i progetti di Chipperfield abbandonate nel sottoscalaL’architetto David Chipperfield alla presentazione dei suoi progetti per il Lungobrenta, nel 2010
Facile per chiunque aprire le custodie e disporre dei disegni originaliLe casse con i progetti di Chipperfield abbandonate nel sottoscalaL’architetto David Chipperfield alla presentazione dei suoi progetti per il Lungobrenta, nel 2010

Pianterreno dell'Urban Center, spazio pubblico in riva al Brenta a Palazzo Sturm. In un sottoscala a pochi metri dall’ingresso stazionano due casse di legno che promettono sorprese. Un’etichetta riporta le diciture “Fondazione Bonotto” e “Chipperfield Architects”. Accanto, le raccomandazioni “Non capovolgere” e “Fragile”.

Senza capovolgere, molti hanno già messo il naso, perché non c’è nessuna protezione. Nelle casse c’è un contenuto pagato suo tempo 300 mila euro. Sono disegni, tavole e modellini con i quali l’archistar britannica David Chipperfield aveva immaginato nel 2010 il futuro del tratto di città compreso tra i due ponti. Al centro il Brenta, concepito come una “piazza d’acqua”; a lato le rive da riqualificare con musei, luoghi di aggregazione e spazi per i giovani; tra le rive un ponte pedonale, fulcro di percorsi turistici e culturali.

Complice il carisma dei committenti, il patron della Diesel Renzo Rosso e la famiglia Bonotto, imprenditori e collezionisti d’arte, sir Chipperfield aveva accolto come una sfida importante l’idea di lavorare su Bassano. Per alcuni mesi aveva sostituito con il Lungobrenta gli scenari di Londra, Berlino o New York sui quali la sua firma è garanzia di qualità e si era presentato in città accolto in museo in pompa magna dall’allora sindaco Stefano Cimatti. Sorpresa, alla presentazione del proprio studio preliminare, la stella internazionale dell’architettura conosceva la differenza tra Bassano e Angarano, parlava con cognizione di causa del polo museale S. Chiara e si era studiato metro per metro il percorso dall’ex macello alle piazze attraverso via Porto di Brenta.

Il progetto difficilmente potrebbe trovare approvvigionamento nelle casse comunali, ma lo sguardo dell’archistar aveva aperto il dibattito su due aree dimenticate e regalato alla città spunti cruciali. Se un nome che ha scritto la storia dell’architettura lascia materiali che sono già materia da ricercatori, la sede naturale dovrebbe essere il museo, o comunque un luogo ben custodito. Tra cambi di Amministrazione e ricerca di un ruolo ancora definito per l’Urban Center, però, ha vinto il sottoscala. E i disegni sono lì da mesi, accessibili aa chunque, tra il magazzino delle scope e i cestini per la raccolta differenziata.

Lorenzo Parolin

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