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Bassano

Famiglia con figlia
disabile “vince“
battaglia con Ulss

L'ospedale San Bassiano
L'ospedale San Bassiano
L'ospedale San Bassiano
L'ospedale San Bassiano

BASSANO. Una questione di principio puntualizzata dalla Corte di Cassazione che va al di là della vicenda in sé. Una famiglia bassanese a dieci anni dall’inizio vince con l’Ulss 3 la battaglia delle spese per le cure della figlia affetta da un grave ritardo mentale. Dopo che il tribunale di Bassano e la Corte d’Appello di Venezia l’avevano condannata di fatto a versare 72 mila euro, ritenendo che l’attività fosse di tipo assistenziale, la sezione civile presieduta da Giuseppe Napoletano ha riaffermato le questioni sanitarie prevalenti che richiamano garanzie costituzionali, a partire da quella primaria del diritto alla salute, venendo incontro a tutte quelle famiglie che hanno problemi da affrontare per i congiunti infermi a livello mentale.

 

VENEZIA. Sarà una diversa sezione della Corte d’Appello a uniformarsi alle direttive dei supremi giudici ed a capovolgere il verdetto, attenendosi ai paletti fissati a Roma, condannando l’Ulss a restituire i soldi versati dalla famiglia, comprensivi degli interessi.

 

MERITO. Il caso è stato sollevato dai coniugi Costante e Lucia Z., difesi dall’avvocato Andrea Trebeschi di Brescia, in qualità di tutori della figlia con un pesante deficit psichico. Essi chiesero al tribunale nel 2007 di vedersi riconosciuta la restituzione dei 20 mila euro versati all’Ulss 3 per il ricovero all’istituto Gris di Mogliano Veneto. Il processo era andato a tal punto storto alla coppia, che il collegio bassanese aveva accolto la domanda di rivalsa dell’Ulss per ulteriori 52 mila euro per la cosiddetta “quota alberghiera di ricovero”. La stessa cosa avvenne in appello il 3 maggio 2010 allorché le spese vennero ritenute di tipo assistenziale, per effetto del grave e cronico ritardo mentale della paziente, sottoposta a trattamento farmacologico in una struttura qualificata a ciclo continuativo.

 

INTERPRETAZIONE. La rivalsa dell’Ulss si basava sul presupposto della ripartiazione delle spese tra “quota a rilievo sanitario” e ”quota a rilievo sociale”. Le prime erano a carico della struttura pubblica, mentre per le seconde del privato. Nella sentenza depositata il 9 novembre, i giudici di legittimità spiegano che la «corretta interpretazione include nelle prestazioni socio-assistenziali di rilievo sanitario i trattamenti farmacologici somministrati con continuità a soggetti con gravi psicopatologia cronica ospitati presso strutture che siano dotate di strumentazione e personale specializzato idonei ad effettuare terapie riabilitative».

 

SNODO. È uno dei passaggi centrali perché la Cassazione osserva che questi casi sono differenti da quelli in cui l’assistenza «fornita a degenti sia meramente sostitutiva delle cure famigliari, ipotesi escluse dai livelli essenziali di assistenza garantiti gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale (Ssn)». Nel concetto di prestazione sanitaria, riguardo all’ammalata cronica bassanese, si deve considerare «ogni struttura che tenda al mantenimento e al recupero della salute del malato». Pertanto, dove c’è una correlazione tra prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la completa competenza del Ssn, non ricorre l’ipotesi di una «scindibilità delle prestazioni» perché c’è una netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria». E le spese, dunque, sono a carico dell’Ulss.

Ivano Tolettini

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