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Compagni violenti Quindici donne al Pronto soccorso

Il vicequestore David De LeoIn aumento i casi di violenza sulle donne: ma non tutte hanno il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia
Il vicequestore David De LeoIn aumento i casi di violenza sulle donne: ma non tutte hanno il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia
Il vicequestore David De LeoIn aumento i casi di violenza sulle donne: ma non tutte hanno il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia
Il vicequestore David De LeoIn aumento i casi di violenza sulle donne: ma non tutte hanno il coraggio di rivolgersi alle forze dell’ordine per sporgere denuncia

Sette casi solo nelle ultime settimane, quindici dall’inizio dell’anno. Sono le donne bassanesi, quasi tutte italiane, che hanno dovuto ricorrere alle cure del Pronto soccorso per lesioni provocate dai compagni o mariti. Sui referti spicca la terribile motivazione: violenza domestica. Alcune hanno riportato lesioni al collo, altre ecchimosi al costato, agli arti o al volto, altre addirittura ferite da arma da taglio. Corpi straziati, sguardi bassi, mani tremanti. Tanta paura, poche denunce. Questa è solo la punta dell’iceberg di una piaga molto più vasta e radicata, scavata da maschi bestiali che impongono il loro volere con le botte. Le associazioni della rete antiviolenza attive nel Bassanese, come Spazio Donna, o la nuova “Mai più”, fondata lo scorso aprile dalla compagna di Renzo Rosso, Arianna Alessi, attraverso la fondazione Only the Brave, registrano centinaia di richieste di aiuto. Purtroppo però anche questo è un dato parziale, ma certamente capace di dare meglio la misura di un problema che ha radici molto più estese e profonde. «Le donne che si recano o si fanno portare in ospedale sono la minor parte - spiega il vicequestore David De Leo -. Molte infatti evitano di ricorrere alle cure mediche, soprattutto per paura. La violenza di cui sono vittime è prima di tutto psicologica: temono che i compagni si vendichino. Oppure sottovalutano gli episodi di cui sono vittime, li scusano, li giustificano». L’attenzione della Polizia di Stato in questi casi è massima. Se i referti che fanno sospettare una violenza domestica a carico della stessa vittima si susseguono, anche a distanza di tempo, anche con prognosi di pochi giorni, gli accertamenti partono d’ufficio, senza bisogno di una querela di parte. «Nel nostro commissariato ci sono persone estremamente qualificate per questo genere di reati, colleghe formate appositamente per rapportarsi con le vittime con la dovuta delicatezza e per capire i contorni delle violenze subite - specifica De Leo -. Le donne che si presentano per cure o denunce vengono inoltre messe immediatamente in contatto con le associazioni dedicate, insieme formiamo una rete di tutela che segue integralmente il loro percorso». Le vittime dei soprusi sono soprattutto italiane, appartengono anche a ceti sociali elevati o a famiglie con un buon livello culturale. Hanno dai 18 ai sessant’anni. Come detto però, molte di loro non arrivano mai a denunciare. E allora che fare? Il primo consiglio arriva proprio dal vicequestore. «Se le donne vittime di violenza non si sentono di arrivare alla denuncia è comunque fondamentale che chiedano aiuto alle associazioni - riprende De Leo -. E’ importante che lo facciano anche le persone a loro vicine, amiche, conoscenti o parenti. La cosa fondamentale è non tacere, perché le situazioni possono degenerare irrimediabilmente». Se molto è stato fatto, ci si prepara a fare ancora di più. E’ infatti in previsione un piano d’azione straordinario a livello regionale, volto al contrasto della violenza sessuale e di genere: porterà alla formazione dei professionisti dell’emergenza medica da parte degli agenti della polizia di stato bassanese, perché per denunciare la violenza, bisogna innanzitutto e prima di tutto riconoscerla. •

Francesca Cavedagna

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