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Case di riposo in crisi
I soldi non bastano più
e le rette aumentano

Fabio Comunello, presidente dell’istituto Cima ColbacchiniAnziani ospiti della residenza Sturm. Ogni anno l’Isacc è costretto ad aumentare le rette. FOTO CECCON
Fabio Comunello, presidente dell’istituto Cima ColbacchiniAnziani ospiti della residenza Sturm. Ogni anno l’Isacc è costretto ad aumentare le rette. FOTO CECCON
Fabio Comunello, presidente dell’istituto Cima ColbacchiniAnziani ospiti della residenza Sturm. Ogni anno l’Isacc è costretto ad aumentare le rette. FOTO CECCON
Fabio Comunello, presidente dell’istituto Cima ColbacchiniAnziani ospiti della residenza Sturm. Ogni anno l’Isacc è costretto ad aumentare le rette. FOTO CECCON

Sale l’allarme sui conti delle case di riposo. L’istituto di assistenza “Cima Colbacchini” (Isacc) deve recuperare ogni anno un milione 200 mila euro per garantire i livelli di assistenza dei 453 ospiti nelle due residenze “Sturm” e “Villa Serena”. “Finora siamo riusciti a contenere le spese, prossime ai 100 euro giornalieri per ospite – spiega il presidente Fabio Comunello -. Indicativamente, metà della somma se ne va in costi alberghieri, vitto, alloggio e servizi; l’altra metà in costi assistenziali e sanitari”. La quota assistenziale è coperta dalla Regione che spende per ogni ospite dai 35 ai 50 euro. “Dei 450 nostri assistiti – riprende Comunello – un centinaio non ha diritto alla quota regionale, anche se solo il venti per cento di questi “fuori impegnativa” è autosufficiente”.

La necessità di assistere i non autosufficienti non coperti dalle risorse regionali si traduce in una spesa mensile prossima ai 100 mila euro. Moltiplicato per i dodici mesi dell’anno dà il milione 200 mila che a ogni approvazione di bilancio fa sudare freddo ai vertici dell’Isacc.

“Dei quindici milioni di euro che vanno a bilancio ogni anno – precisa Comunello -, quattro quinti servono a pagare il personale e a tenere in vita la struttura e non si toccano. La conseguenza è che i margini di manovra sono ridotti e le difficoltà sono destinate a crescere. Più di tanto non si può tagliare, pena la perdita di qualità del servizio, e siamo davvero arrivati all’osso”. Questo anche a causa dell’aumento dell’età media degli assistiti. “Non dimentichiamo i disabili anziani – aggiunge il presidente – che stanno arrivando. In passato il problema non esisteva, nel giro di pochi anni dovremo occuparci di persone per le quali sarà necessaria l’assistenza su due fronti”.

Intanto una soluzione temporanea è l’aumento delle rette: cinquanta centesimi lo scorso anno, ora un euro, cercando di spalmare i costi non coperti su tutti gli utenti. “Dato il sistema di assegnazione dei posti in casa di riposo – dice Comunello – è naturale che i casi più gravi abbiano la precedenza. Le persone autosufficienti calano di numero e i costi aumentano. Non so per quanto riusciremo a fare fronte a questa situazione”.

Da qui, la richiesta ai Comuni di lavorare alla riforma del sistema. “La partita – rileva Comunello – si gioca sull’equilibrio tra pubblico e privato. I singoli Comuni hanno competenze solo relative alla quota “alberghiera”, e solo in relazione agli ospiti non abbienti. Insieme, nelle Conferenze dei sindaci, possono farsi sentire in Regione e chiedere che la riforma degli istituti di assistenza tenga conto dell’evoluzione demografica”.

Va però anche alleggerita la burocrazia. “Ogni anno paghiamo un’Irap di oltre 600mila euro che in parte ritornano in forma di contributi. Tra spese e tempo consumato, è un passaggio che si potrebbe eliminare: potremmo fare investimenti a favore degli ospiti se la somma rimanesse a nostra disposizione”.

Lorenzo Parolin

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