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«Amavamo nostro figlio,
non l’abbiamo ostacolato
Volevamo che studiasse»

Inutili le cure al Pronto Soccorso dell’ospedaleSul tragico episodio indagano i carabinieri ella Compagnia di Bassano
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«Non abbiamo contrastato la relazione amorosa di nostro figlio, volevamo solo che studiasse, che si creasse le migliori possibilità per costruirsi un futuro. Per questo, sì, eravamo esigenti con lui. Ma il motivo che l’ha portato a compiere quel tragico gesto lo sa solo lui. Noi crediamo di essere stati dei buoni genitori, abbiamo fatto di tutto per favorire la sua integrazione. Era il nostro unico figlio».

L’appartamento dove vive la famiglia del cingalese di 16 anni che martedì tra le 3 e le 5 si è tolto la vita ingerendo acido è in una palazzina di un quartiere prossimo al centro della città. Nel soggiorno ci sono le foto del ragazzo. In una avrà al massimo due anni, sta dritto e sorridente vicino alla scala della sua abitazione in Sri Lanka, in altre è adolescente, ha il viso sereno, la postura dritta e fiera sottolineata da magliette sgargianti.

La casa è piena di gente. Parenti e vicini fanno a turno per portare il loro sostegno ai genitori del giovane. La madre è seduta sul divano a fiori. È immobile, lo sguardo perso. Non dice una parola. Accanto a lei alcuni nipoti stanno tutti abbracciati. Un groviglio di dolore. Il padre ha a malapena la forza di aprire la porta agli ospiti. E’ gentile. Si preoccupa di fare avere acqua e aranciata a ogni persona che arriva a dare conforto. Vuole spiegare la sua verità. «Quello che è uscito sui giornali e che hanno detto alla tv non è vero. Noi non abbiamo mai fatto nulla per contrastare la sua vita e la sua integrazione. Come tutti i genitori volevamo solo la sua felicità». La Procura ha aperto un’inchiesta contro ignoti per istigazione al suicidio, ma per ora non formula accuse ai genitori.

Dieci anni fa, il padre si era trasferito a Bassano dallo Sri Lanka per lavorare come operaio. La moglie e il figlio l’hanno raggiunto cinque anni dopo. «Faceva sport, usciva come tutti i suoi coetanei - racconta la zia - Ma la priorità era la scuola. Era bravo ma i genitori volevano che studiasse di più, per compensare le difficoltà della lingua, per garantirsi un futuro. Gli hanno solo detto di concentrarsi sullo studio, e di pensare alle faccende di cuore dopo. Le diverse culture non c’entrano, la religione nemmeno: la madre è cattolica, il padre buddista».

Lunedi il ragazzo era tornato da scuola sereno. «Ha mangiato di gusto - riprende il papà -, ha ascoltato musica. Non c’era nulla di strano in lui». Il pomeriggio però è accaduto qualcosa. Forse la verità è custodita nel suo cellulare, sequestrato dagli inquirenti. Alle tre di notte i genitori hanno sentito i lamenti del figlio: stava vomitando. Hanno capito che aveva ingerito l’acido per sturare i lavandini.

I parenti riferiscono che durante la corsa in ospedale il ragazzo era steso sul grembo della madre sul sedile posteriore: «Perché l’hai fatto? - gli ha chiesto lei - Ti abbiamo fatto qualcosa io e papà?». Lui non poteva già più parlare. «Ha alzato la mano - conclude il padre - e ha fatto “No” col dito». L’ultimo messaggio alla famiglia poco prima di spirare in ospedale.

Francesca Cavedagna

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