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«Agricoltura in pericolo Occorre rivoluzionare i sistemi d’irrigazione»

Martino CerantolaUn’eloquente immagine del greto del fiume in seccaIl Brenta all’altezza del ponte tra Nove e Cartigliano: evidente la bassa portata dell’acqua FOTO CECCONRolando Lubian
Martino CerantolaUn’eloquente immagine del greto del fiume in seccaIl Brenta all’altezza del ponte tra Nove e Cartigliano: evidente la bassa portata dell’acqua FOTO CECCONRolando Lubian
Martino CerantolaUn’eloquente immagine del greto del fiume in seccaIl Brenta all’altezza del ponte tra Nove e Cartigliano: evidente la bassa portata dell’acqua FOTO CECCONRolando Lubian
Martino CerantolaUn’eloquente immagine del greto del fiume in seccaIl Brenta all’altezza del ponte tra Nove e Cartigliano: evidente la bassa portata dell’acqua FOTO CECCONRolando Lubian

Davide Moro «Caldo e siccità nel 2017 hanno falcidiato la produzione agricola del 30% nel solo comprensorio bassanese. Raddoppiare o triplicare il deflusso minimo vitale del Brenta, di questi tempi, significa quindi avviare a desertificazione certa buona parte delle aree coltivate e innescare seri problemi igienico-sanitari». Anche Coldiretti Vicenza, guidata da Martino Cerantola, si unisce al grido di allarme lanciato dal Consorzio di bonifica Brenta sulla direttiva europea che introduce il “deflusso minimo ecologico” per tutelare l’ambiente fluviale. L’associazione prende però la palla al balzo per sollecitare un ulteriore, cruciale passo in avanti, appello a cui si unisce anche il Bacino acque fiume Brenta del presidente Rolando Lubian: «Bisogna rinnovare profondamente il sistema di irrigazione per immagazzinare la sempre meno acqua che c’è ed evitare gli sprechi. Servono investimenti enormi e l’Europa, anche alla luce dei cambiamenti climatici, deve aiutarci». «Il problema c’è ed è molto serio - conferma Cerantola -: dover lasciare al fiume almeno il doppio della portata minima metterà a repentaglio la produzione agricola di tutta l’area. Moltissimi ettari di terreno, di fatto, non saranno più coltivabili. Va detto anche che l’Europa questo adeguamento lo chiede da anni, e come sempre in questo Paese ci prendiamo sempre all’ultimo. A questo punto però serve l’impegno di tutti, in primis dei nostri rappresentanti politici, per trovare una soluzione. La più importante è quella di sostituire il sistema ad aspersione con impianti a pressione. La cifra necessaria è enorme, ma con una progettazione davvero efficace e la spinta dell’Unione europea, ecco che possiamo ambire a una svolta». L’agricoltura bassanese è messa a dura prova. «Caldo e siccità hanno causato una diminuzione media del 30% della produzione - spiega Cerantola -: in certe zone è andata meglio, in altre peggio, a seconda della disponibilità di acqua. Tenendo conto delle specificità delle varie zone, migliorare il sistema è comunque necessario, e non solo per clima. Basti pensare ad esempio al prelievo di acqua a Carmignano per fare fronte all’inquinamento da Pfas: è indubbio che avrà conseguenze anche a monte sulla razionalizzazione dell’acqua, se nel frattempo non pioverà a sufficienza. Insomma - conclude - il problema è vasto e complesso e servono scelte importanti e una regia nazionale e regionale, se vogliamo garantire il futuro della nostra agricoltura». Rolando Lubian, referente del Bacino acque fiume Brenta, è sostanzialmente d’accordo. «La siccità riguarda tutti, indistintamente. E la questione del deflusso minimo è un cane che si morde la coda: irrigare i campi secca il fiume e tutelare l’ambiente danneggia l’agricoltura. Una cosa è certa: questa situazione sempre più difficile la pagheremo tutti, pertanto serve un cambio di rotta. Da una parte ci vuole un piano energetico nazionale, che magari limiti anche la diffusione delle piccole centraline idroelettriche, che alla fine vengono pagate dai contribuenti ma fanno guadagnare solo i proprietari. E dall’altra bisogna rinnovare il sistema di irrigazione, che qui è di stampo medioevale e porta a uno spreco immenso di acqua. Ci vuole modernità e lungimiranza, perchè piove sempre meno». «Noi ci stiamo sforzando di collaborare con tutti - conclude Lubian -, consapevoli che la tutela dell’ambiente fluviale è importantissima, anche se dispiace che sia sempre relegata all’ultimo posto della classifica, ma lo sono anche l’agricoltura e le attività dell’uomo. A vedere il Brenta viene da piangere, e anche se in questo periodo la poca acqua è una condizione favorevole alla riproduzione delle trote, il fatto che sta piovendo poco, più avanti diventerà un problema. L’importante è che ci lascino almeno l’acqua che abbiamo e che si cominci a investire seriamente per il futuro». •

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