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Violenze familiari
Quindici denunce
su 300 interventi

Luisa Nicoli

Una quindicina di denunce l’anno a fronte di 325 interventi del consultorio familiare. La maggior parte delle situazioni di violenza in famiglia viene tenuta nascosta. Soprattutto per paura. Lo ha confermato chi opera nell’emergenza nell'Ovest Vicentino, carabinieri e operatori di pronto soccorso in primis, al convegno della Fondazione Casa S. Angela di Arzignano che, con l’associazione “Donna Chiama Donna”, ha riunito al teatro Mattarello tutte le componenti del territorio, fino al consultorio, ufficio pastorale della famiglia e scuole, sul tema “Violenza sulle donne: come intervenire e prevenire”, alla presenza delle autorità e di alcuni classi del Da Vinci. I dati del consultorio familiare del Distretto Ovest dell’Ulss 8 Berica nell’area maltrattamenti, abusi e violenza sessuale, indicano 35 prese in carico nel 2015, di cui 22 stranieri; in crescita nel 2016: 43 casi di cui 26 stranieri, 325 interventi effettuati. “Non sempre all’emergenza segue una denuncia – ha spiegato il capitano Mauro Maronese, comandante della compagnia carabinieri di Valdagno – nell’ultimo mese abbiamo ricevuto 30 chiamate, una al giorno, per dissidi familiari: 9 volte su 10 però non segue denuncia o segnalazione, anche se le situazioni sono molte diverse e non sempre tali da richiedere di procedere. In tema di maltrattamenti in famiglia o stalking la casistica riguarda soprattutto donne, tra i 40 e i 60 anni, ma anche uomini, figli, zii. Le denunce sono una quindicina l’anno e sono soprattutto italiani. Le richieste di aiuto spesso arrivano dai familiari o dai vicini. Anche il pronto soccorso a volte ci segnala se la stessa persona si presenta in ospedale perchè prima cade dalle scale, poi dalla bici, poi in giardino. Dopo 2-3 episodi la situazione diventa sospetta”. “Il problema è che i traumi da cadute accidentali in un anno sono centinaia – ha spiegato il dott. Vito Cianci, direttore Emergency Room dell’Ulss 8 Distretto Ovest – la difficoltà è capire cosa c’è dietro. Bisogna innalzare la fiducia. Chi subisce una violenza in famiglia al pronto soccorso tende a nascondere l’accaduto sotto altre modalità. Nella maggior parte dei casi si parla di violenza fisica, ma c’è anche quella psicologica. Ed è fondamentale la capacità di intercettazione e la formazione degli operatori sanitari. Per questo la Regione Veneto sta promuovendo un progetto ad hoc”. “Il più delle volte la segnalazione è indiretta – conferma il dott. Ferdinando Ceron, responsabile unità operativa consultorio familiare Distretto Ovest – e non si denuncia per motivi diversi: i figli, problemi economici, questioni culturali, soprattutto per gli stranieri, e non voler riconoscere il fallimento del rapporto nella speranza che il partner possa cambiare. Ma così spesso si ritorna in situazione di rischio”. “Parlatene comunque con noi. Anche se non c’è l’intenzione di denunciare. E’ già un passo importante” è stato l’invito del capitano Maronese. Insieme alla richiesta di avere risposte dal territorio, strutture e riferimenti, soprattutto nei week-end e nei festivi, quando i dissidi familiari si intensificano. “In pronto soccorso – ha aggiunto il primario dott. Cianci – la persona che ha subito violenza o che si sospetta tale viene ‘mascherata’, si attiva cioè un percorso protetto, il cosiddetto codice rosa bianca”. Francesca Sogne, psicologa dello sportello antiviolenza, ha sottolineato l’importanza di avere un primo orientamento, di far ritrovare fiducia a donne “che non hanno più speranza e spesso si sentono responsabili, credono che quello sia il loro destino”. “L’amore non è possesso, dominio, ricatto – ha concluso don Flavio Marchesini, direttore dell’ufficio pastorale matrimonio e famiglia – spesso però siamo analfabeti dal punto di vista affettivo”. Luisa Nicoli

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