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Niente botte alle figlie. Assolto

Il tribunale dove è stata sancita l’assoluzione dell’operaio. ARCHIVIO
Il tribunale dove è stata sancita l’assoluzione dell’operaio. ARCHIVIO
Il tribunale dove è stata sancita l’assoluzione dell’operaio. ARCHIVIO
Il tribunale dove è stata sancita l’assoluzione dell’operaio. ARCHIVIO

Assolto e riabilitato. Per il giudice Barbara Maria Trenti, M.M., 54 anni, non è colpevole dei maltrattamenti subiti dalle figlie. L’operaio di Arzignano all’inizio dello scorso anno era stato rinviato a giudizio con l’accusa, pesantissima, di avere picchiato e umiliato le sue tre figlie (oggi adolescenti) arrivando persino a percuoterle con la cintura dei pantaloni. L’altro giorno, al termine del dibattimento, l’imputato, difeso dall’avvocato Claudia Longhi, è stato assolto da ogni accusa perché il fatto non sussiste.

L’INCHIESTA. L’inchiesta, istruita dal procuratore Antonino Cappelleri, si innesta in un clima familiare alquanto problematico. A destabilizzare definitivamente una situazione già complicata sono alcuni gravi problemi di salute a cui va incontro la mamma delle bimbe. Una donna straniera poi decide anche di lasciare l’Italia. A quel punto il papà, rimasto solo, cerca di seguire le piccole come può facendosi aiutare anche da un amico di famiglia. Ma ben presto viene additato di trascurarle. Il caso finisce prima all’attenzione dei servizi sociali del comune, quindi alla procura dei minori di Venezia. Nel frattempo verso l’operaio gli inquirenti mettono insieme una serie di elementi che dimostrerebbero la sua inclinazione alla violenza: fisica e verbale nei confronti delle figlie. Il pubblico ministero Cappelleri, decide dunque di aprire un fascicolo e alla conclusione delle indagini di chiedere il rinvio a giudizio per M.M. Istanza che nel marzo 2015 viene accolta dal giudice per l’udienza preliminare. L’avvocato Longhi, di fronte all’ipotesi di chiudere la vicenda processuale con un patteggiamento si oppone e preferisce presentarsi in aula convinta dell’innocenza dell’operaio.

IL PROCESSO. Nel corso del dibattimento che si prolunga per tre udienze dense di testimonianze, emerge un quadro familiare a dir poco complesso e ricco di problematiche che però scagionerebbe il genitore finito sul banco degli imputati per le accuse che gli vengono mosse. Viene soprattutto ribadita la sua totale estraneità al fatto di avere insultato, minacciato, e preso a botte le ragazze. Lui, anche in aula, davanti al giudice ripete la versione fornita precedentemente al gip: «L’unica responsabile di tutta questa situazione è mia moglie. È lei che quando era ubriaca cominciava ad alzare le mani e ad avere degli atteggiamenti violenti e aggressivi». Che si sarebbero ripetuti per anni, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009.

LA SENTENZA A LA DIFESA. Al termine dell’ultima udienza, la scorsa settimana, il giudice Barbara Maria Trenti, ha pronunciato la sua sentenza: il papà è innocente. Assolto, perché il fatto non sussiste e lasciando 50 giorni di tempo per il deposito delle motivazioni. «Avevo insistito affinché si andasse a processo convinta che il mio assistito fosse del tutto estraneo alle accuse. Purtroppo è stato un papà, rimasto solo a doversi occupare di tre figlie, vittima di una serie di pregiudizi», spiega l’avvocato Longhi. «Inutile dire che siamo soddisfatti per come si è conclusa la vicenda. In particolare del fatto che siamo riusciti a dimostrare che nei confronti delle sue bambine si è sempre comportato in maniera corretta. E che nonostante le molte difficoltà non le ha mai trascurate, né, tantomeno, avuto nei loro confronti un atteggiamento violento e aggressivo. Che invece era solita usare la mamma. Ora speriamo ci sia finalmente un po’ di serenità per tutti».

Matteo Bernardini

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