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«La mia parrocchia
tra spari, bombe
e lettere delle Br»

Padre Giovanni Gentilin nella “sua” piazza ad Arzignano. MASSIGNAN
Padre Giovanni Gentilin nella “sua” piazza ad Arzignano. MASSIGNAN
Padre Giovanni Gentilin nella “sua” piazza ad Arzignano. MASSIGNAN
Padre Giovanni Gentilin nella “sua” piazza ad Arzignano. MASSIGNAN

Tifoni, terremoti, guerriglieri. E prima gli anni di piombo in borgata a Roma. Padre Giovanni Gentilin, 75 anni il 30 novembre, arzignanese, fratello del sindaco, da quasi 30 anni missionario dei canossiani a Tondo nelle Filippine, festeggia il 50° della sua ordinazione, avvenuta l’1 luglio del 1967 ad Asolo.

Una vita spesa a servizio degli altri. E quando racconta i suoi 50 anni tra gli emarginati e i poveri, gli occhi brillano. Dopo gli studi a Belluno e il noviziato in filosofia e teologia ad Asolo, dove è stato ordinato sacerdote, per un anno è stato al collegio canossiano di Pellestrina, con 60 orfani, figli di prostitute o con genitori in carcere. Poi due anni a Gallarate e negli anni Settanta la prima esperienza forte, a Roma, in borgata Acilia. «Anni difficili, quelli di piombo. Arrivavano lettere con i simboli delle Brigate Rosse che chiedevano soldi per finanziare le loro attività. Ero in stazione Termini quando è esplosa una bomba. In un’altra occasione mi sono nascosto sotto l’auto, durante una sparatoria. Seguivo giovani in carcere a Rebibbia e Regina Coeli. Paura? No. Dovevo difendere i ragazzi di borgata». Dopo 13 anni la proposta Filippine «dal padre generale dei canossiani». Ci pensa, si confronta con la famiglia, i fratelli Giorgio e Antonio (sacerdote scomparso nel 1997). Nonostante qualche timore «di inglese conoscevo due parole: yes e ok» decide di partire.

Dopo tre mesi a Londra, a novembre 1987 arriva a Manila con due sacerdoti italiani per avviare un seminario a Quezon City. Studia anche il tagalo, la lingua filippina che impara tra la gente. E a dicembre 1989 arriva alla parrocchia di Tondo, nella jungla, lasciata dai padri irlandesi. «Non c’era nulla. La chiesa e una casetta in legno abitata prima di noi da topacci neri». Con pazienza, tanta umiltà e «l’aiuto fondamentale degli amici e della gente di Arzignano» racconta, Tondo riparte: la chiesa viene abbattuta e ricostruita, ora si sta costruendo la seconda; un ex dispensario diventa una clinica per un progetto riabilitativo nella cura alla tubercolosi e per le malattie degli occhi; due grandi container “La scuola della gioia” per i bambini della “Smokey Mountain”, la Montagna Fumante, dove ogni giorno si scaricano quintali di rifiuti. «Qui affrontiamo tifoni ogni anno, terremoti, guerriglieri. Ma in 27 anni con l’associazione Una Mano Aiuta l’Altra abbiamo tolto dalla miseria 3400 giovani. Alcuni sono in carriera, nel mondo. Penso a un ragazzo oggi manager a Londra nella finanza. Quest’anno ne manderemo a scuola 1200. Scegliamo i più poveri, malandati ma dotati». Padre Giovanni adesso vive fuori Manila, in una struttura con ambulatorio e due dormitori. «I guerriglieri? Nelle Filippine difendono i preti stranieri, ma una volta mi sono trovato con il mitra puntato. Un’altra sono stato minacciato di rapimento. Volevano soldi. Ho vissuto anche il colpo di stato nel 1989. Ma non mi sono mai pentito di esserci andato».

Luisa Nicoli

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