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«Fanghi di concia
La discarica
non è la soluzione»

Le 26 mila tonnellate annue di fanghi prodotte vanno in discarica ma non è questa la soluzione. ARCHIVIO
Le 26 mila tonnellate annue di fanghi prodotte vanno in discarica ma non è questa la soluzione. ARCHIVIO
Le 26 mila tonnellate annue di fanghi prodotte vanno in discarica ma non è questa la soluzione. ARCHIVIO
Le 26 mila tonnellate annue di fanghi prodotte vanno in discarica ma non è questa la soluzione. ARCHIVIO

«La discarica di Arzignano non è più una buona soluzione ambientale per i fanghi». Lo spiega Alberto Serafin, amministratore unico di Acque del Chiampo, che ritorna sulla questione dell’impianto trattamento fanghi per mettere in chiaro una serie di aspetti dopo gli allarmismi nati in seguito all’annuncio del ricorso ad un project financing per la realizzazione della struttura. «Abbiamo individuato il project financing per velocizzare i tempi - spiega -. Con le normali procedure di gara ci vorrebbero 9 anni per arrivare all’impianto, ma la Concia non ha questo tempo a disposizione. Attualmente le 26 mila tonnellate annue di fanghi prodotte vanno in discarica ma non è questa la soluzione. Ad Acque del Chiampo c’è un’assemblea che ci chiede di individuare la modalità tecnica e amministrativa per arrivare all’impianto termico. Esiste un accordo di programma firmato da tutti gli enti, tra cui Ministero, Regione, Provincia e Comuni, che lo prevede e lo chiede l’Europa con una nuova direttiva che lo indica».

A differenza di quello che si pensa, Serafin spiega: «Non siamo alla fase realizzativa dell’impianto ma solo all’avviso esplorativo per individuare un partner industriale per la progettazione, la realizzazione e la gestione del trattamento termico. Gli studi, i sopralluoghi e il lavoro delle commissioni in questi anni hanno verificato che le emissioni in atmosfera di un impianto completo per le 26 mila tonnellate di fanghi da trattare non arriverebbero mai a quelle già esistenti per diverse realtà industriali del Vicentino. E questo già risponde alla prima preoccupazione della gente: la salute».

Il prototipo costerà 15 milioni di euro, 10 milioni dall’accordo di programma, altri 5 da Acque del Chiampo. «Ma non si tratterà di un esperimento - spiega Serafin -. Il prototipo dovrà lavorare un terzo delle 26 mila tonnellate di fanghi, in pratica rappresenta una parte della linea che avrà tre unità produttive. Realizzare la prima linea e renderla operativa vuol dire avere il tempo di effettuare alcune valutazioni prima di procedere con tutto l’impianto. La finalità attuale è individuare il partner con cui avviare il progetto, che ci dia una soluzione qui o altrove».

Sulla collocazione, infatti, non c’è ancora niente di certo. «La segreteria tecnica del Ministero all’Ambiente ci dice che sia preferibilmente ubicato nella stessa area di produzione fanghi per massimizzare l’efficienza energetica - riporta Serafin - ma la localizzazione dipenderà dalle proposte di chi risponderà all’avviso esplorativo. E comunque sarà tale da consentire il raggiungimento della riduzione dell’impatto dovuto alle discariche dei fanghi, senza rischi per la salute pubblica e senza aggravi al bilancio ambientale».

Sulle tempistiche difficile fare previsioni. «A fine maggio presenteremo all’assemblea dei sindaci la bozza dell’avviso esplorativo. Le scelte su una soluzione condivisa spetteranno all’azionariato, io non sono un rappresentante dei cittadini ma solo un amministratore che risponde ai comuni soci. Siamo a disposizione comunque per incontrare le parti politiche e sociali che vogliano chiarezza ma finora conto su una mano chi è venuto a proporre soluzioni concrete. Non tutti credo abbiamo capito l’importanza del problema».

Luisa Nicoli

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