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«Conta la legge della pistola»

I carabinieri di Montecchio Maggiore intervennero  nello studio dell’avv. Elena Peron dopo le minacce
I carabinieri di Montecchio Maggiore intervennero nello studio dell’avv. Elena Peron dopo le minacce
I carabinieri di Montecchio Maggiore intervennero  nello studio dell’avv. Elena Peron dopo le minacce
I carabinieri di Montecchio Maggiore intervennero nello studio dell’avv. Elena Peron dopo le minacce

«Si ricordi, avvocato, che la legge che conta per me è questa». Antonio Facchin è alterato mentre pronuncia queste parole, nello studio di via Nogara a Montecchio Maggiore dell’avvocato Elena Peron, e nel mostrarle la pistola che aveva alla cintola. Sono momenti concitati. Anche perché la nota legale non sa che l’arma è giocattolo. Sprovvista del tappo rosso, assomiglia a una vera. «Ho avuto paura quando mi mostrò il revolver. Lui era molto agitato, sembrava straparlasse e in quei frangenti può succedere di tutto», racconta la legale.

Quasi un anno dopo il pubblico ministero Alessia La Placa vuole processare Antonio Facchin, 53 anni, residente a Sorio di Gambellara in via San Benedetto 22. Le accuse da cui l’imputato deve difendersi sono di maltrattamenti nei confronti della moglie Vanna, minacce aggravate verso l’avvocato Peron e porto illegale fuori dalla propria abitazione di una baionetta, un moschettone con coltello, una roncola e un nunchaku, un’arma asiatica, in legno.

L’udienza preliminare è prevista a breve e in quella sede l’avvocato Piero Zuin, che difende di fiducia Facchin, potrebbe chiedere il processo con uno dei riti alternativi.

Il 18 febbraio di un anno fa, alle 18.20, Fanchin in compagnia della moglie Vanna si presentò nello studio. Non accettava che la compagna avviasse la separazione e per questo motivo - è la tesi della Procura - avrebbe attuato un comportamento oltremodo aggressivo sul piano psicologico nei suoi confronti. L’avrebbe offesa e intimidita in più circostanze. Il momento topico avvenne quel pomeriggio di febbraio quando disse all’avv. Peron che le condizioni della divisione le decideva lui. «Lo invitai ad allontanarsi - afferma Peron - e fu allora che mi disse: “Ho già preso per il collo mia figlia e l’ho appesa al muro, le condizioni le decido io, si ricordi che per me la legge che conta è questa”, mostrandomi l’arma». «Ero consapevole che una parola in più avrebbe potuto far degenerare la situazione - ricorda la legale - per questo feci attenzione a pesare ogni parola, fino quando non chiami i carabinieri». L’allarme al 112 fece scattare una caccia all’uomo che si concluse un paio d’ore più tardi quando i militari del capitano Maronese e del luogotenente Chierchia bloccarono Facchin e verificarono che l’arma era giocattolo.

Il prosieguo delle indagini ha appesantito la posizione dell’uomo, perché emersero più episodi in teoria illegali. «Te la farò pagare tutta la vita, fino a che morte non ci separi», avrebbe detto a Vanna il marito. «Ricordati che se un giorno arriverà una carta da un giudice che mi allontana da questa casa qua scorrerà il sangue alto così, tanto sangue che arriverà in fondo alla via», disse minaccioso Facchin alla moglie il 7 marzo 2016, aggiungendo di avere acquistato in internet nuovi coltelli e armi. Fino a che in luglio, le avrebbe messo le mani attorno al collo dicendole: «Se avessi voluto fare qualcosa...prima che io esca da qua ci sarà del sangue».

Ivano Tolettini

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