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Chiavi di casa ai pazienti psichiatrici

La sede del centro diurno psichiatrico Arcobaleno di Arzignano, promotore del progetto. MASSIGNAN
La sede del centro diurno psichiatrico Arcobaleno di Arzignano, promotore del progetto. MASSIGNAN
La sede del centro diurno psichiatrico Arcobaleno di Arzignano, promotore del progetto. MASSIGNAN
La sede del centro diurno psichiatrico Arcobaleno di Arzignano, promotore del progetto. MASSIGNAN

Giovanna e Mario, 25 e 30 anni, di Arzignano e di Lonigo stanno insieme da alcuni mesi. Si sono conosciuti al centro diurno psichiatrico Arcobaleno di Arzignano e presto andranno a vivere in un alloggio in città con il progetto “Abitare Supportato” che prevede, dopo un percorso riabilitativo in comunità, l’inserimento lavorativo e una nuova autonomia, sotto la supervisione del centro.

LE STORIE. Questa è solo una delle tante storie che gli operatori potrebbero raccontare. Attualmente sono 10 gli appartamenti tra Arzignano, Montecchio e Chiampo, in cui vivono 24 persone che fanno riferimento al centro Arcobaleno. Una coppia, di 36 e 34 anni, dopo la riabilitazione si è perfettamente reinserita: lei lavora in conceria, lui in una ditta meccanica. «Hanno fatto prima il tirocinio, poi è arrivata l’assunzione - spiega Stefano Zanolini, responsabile strutture intermedie Distretto Ovest dell’Ulss 8 Berica - si sono conosciuti al centro, frequentando i gruppi di auto aiuto e da due anni vivono insieme in un appartamento supportato. Noi li seguiamo, ma questa dimensione in cui si ritrova un proprio equilibrio sta dando ottimi risultati nel far recuperare una qualità di vita». Non tutte sono coppie. Ci sono anche adulti, uomini di 54 e 52 anni, che dividono l’appartamento messo a disposizione da una delle famiglie: con la pensione di invalidità civile e un lavoro in cooperativa hanno una parziale autonomia. «Sono persone che hanno sofferto di psicosi, schizofrenia o disturbi della personalità - continua il dott. Zanolini - ma noi siamo una sorta di psichiatria del territorio, permettiamo loro di recuperare, vivendo in comunità. La permanenza media in centro diurno è di almeno due anni prima di essere reintegrati. Alcuni adesso lavorano in conceria, in ditte meccaniche, qualcuno negli uffici pubblici o in cooperative di tipo B. Un giovane di 27 anni, che sta però in famiglia, ha ottenuto l’assunzione in azienda proprio di recente. Veniva da una situazione difficile, aveva perso il lavoro ma un anno e mezzo al centro le ha consentito un recupero personale. Sono piccole storie di normalità. A dimostrazione che si può guarire e rimettersi in moto».

FRAGILITÀ. «Il disturbo psichico emerge in persone che hanno una sorta di predisposizione - aggiunge - potrebbe restare latente ma situazioni di crisi o stress in età adolescenziale o adulta possono farlo insorgere. Penso a difficoltà nel mondo del lavoro, nelle relazioni affettive, magari non supportati da rapporti familiari forti. È proprio da queste loro storie che si parte per ricostruire l’identità e rimettere la persona a camminare con le proprie gambe». Gli alloggi del progetto sono messi a disposizione dai comuni, in comodato o in locazione, o dalle famiglie di un paziente. Ci vivono 2/3 persone, che compartecipano alle spese grazie al lavoro. Alcuni poi proseguono la loro vita, fuori dagli appartamenti protetti: finora ne sono passati oltre una trentina, dai 24 ai 60 anni.

Luisa Nicoli

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