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Casalinghe e studenti, angeli in corsia

Maglietta arancione ben riconoscibile, i volontari del progetto Sala d’attesa aiutano una paziente
Maglietta arancione ben riconoscibile, i volontari del progetto Sala d’attesa aiutano una paziente
Maglietta arancione ben riconoscibile, i volontari del progetto Sala d’attesa aiutano una paziente
Maglietta arancione ben riconoscibile, i volontari del progetto Sala d’attesa aiutano una paziente

«Mio marito è dentro da due ore. Posso sapere qualcosa?» dice un’anziana signora preoccupata. «Hanno portato qui mio figlio dopo un incidente in motorino. Cos’è successo?», chiede una donna trafelata. All’accoglienza al pronto soccorso dell’ospedale Cazzavillan di Arzignano rispondono i volontari del progetto “Sala d’attesa”, in casacca arancione. Una sperimentazione partita nel 2012 e diventata modello per il Veneto. Il progetto negli anni è decisamente cresciuto. Ad oggi sono quasi una cinquantina i volontari che, coordinati da Renato Adami, prestano servizio ogni giorno dalle 11 alle 23, in turni di 4 ore. A luglio e agosto sono presenti per oltre il 90% dei servizi nonostante il periodo di ferie. A settembre e ottobre la percentuale è salita e anche a novembre il 90% dei turni è già coperto. La decana tra i volontari è Maria Carollo, 70enne arzignanese, in pronto soccorso dal 2012, che ha ricevuto una targa di riconoscimento per i 200 turni tra il 2016 e il 2017. «Ora sono una casalinga, quasi in pensione - racconta - ma ho sempre gestito un bar a Vicenza e poi ad Arzignano. Ho frequentato il corso di preparazione e poi ho iniziato. Se fossi giovane ora farei l’infermiera. Essere volontario in sala d’attesa è un’esperienza bellissima perché aiuti davvero le persone. A volte basta una carezza, una rassicurazione. E quando ti dicono “sei il mio angelo” vieni ricompensata di tutto. Ho portato anche mia figlia Katia, che ha finito il corso qualche mese fa». I volontari hanno dai 30 fino ai 65-70 anni, il 50% circa pensionati e il 75% donne. Si incontrano piccoli artigiani, imprenditori, operai, casalinghe e qualche studente. Maurizio Bertola, 54 anni, sposato, due figli, chimico di laboratorio alla Miteni, fa il volontario nel week-end. «Ho iniziato tre anni fa - racconta - avevo portato mia moglie in pronto soccorso e mi sono reso conto dell’utilità. I volontari hanno importanza strategica sia sul piano morale che emozionale. Di supporto e appoggio. È un modo per entrare in contatto con la parte più sofferente delle persone. Niente di straordinario, si dedica del tempo agli altri».

«Il progetto si basa sul volontariato puro - spiega il coordinatore Adami - siamo in servizio ogni giorno, per 12 ore, anche sabato e domenica e in occasione di manifestazioni la presenza dei volontari in pronto soccorso raddoppia. Si viene formati e si firma un codice etico e comportamentale. Abbiamo compiti precisi. Mai parlare di questioni mediche, dobbiamo occuparci di accoglienza e accompagnamento, lavorando in contatto con il triage. Io sono un ex dirigente industriale, cresciuto in una famiglia che ha sempre promosso il volontariato. I nostri volontari lo fanno perché ci credono, fa bene a sé stessi, al cuore, prima che agli altri. Adesso stiamo cercando di far crescere il numero anche a Valdagno». Ad Arzignano sono partiti in 12, con l’ultimo corso quest’anno se ne sono aggiunti una ventina.

Luisa Nicoli

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