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Una vita con le api: «Meglio degli umani»

Roberto Marchioro alle prese con le sue api. GREGOLIN
Roberto Marchioro alle prese con le sue api. GREGOLIN
Roberto Marchioro alle prese con le sue api. GREGOLIN
Roberto Marchioro alle prese con le sue api. GREGOLIN

Se la tradizione vuole che: “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”, Roberto Marchioro di Ponte di Barbarano, decano apicoltore dei Berici, Ferragosto l’ha trascorso in compagnia delle sue api. «Mica sanno che è Ferragosto loro!» sbotta l’apicoltore dalla lunga tradizione famigliare, fatta risalire al padre Settimo che allevava api, tanto che la prima smielatura gliela fece compiere quando aveva 11 anni.

Oggi Roberto, che di anni ne ha 69, ha trascorso il giorno dell’Assunta tra il ronzio delle sue 40 arnie, disseminate tra gli Euganei e Berici, con alcune casetta anche in pianura. Luoghi distanti da un altro genere di “ronzio”: quello più assordante delle spiagge affollate.

Tra i campi e i boschi, la temperatura è tornata accettabile e le stesse api sembrano beneficiarne: «Che sia Ferragosto o meno, il mondo delle api non si ferma - ironizza l’apicoltore -, se lo facessero anche solo per una giorno, si fermerebbe il mondo!». L’aveva già detto qualcuno che “senza api scomparirebbe anche l’umanità” e Marchioro, definendola una “mania”, dichiara tutto il suo amore per questi insetti, tramandando la storicità di una passione che incarna una verità ecologica.

Ora che è pensionato, dopo 40 ani da elettricista, fa l’apicoltore a tempo pieno, ma in realtà è come se l’avesse sempre fatto, anche quando lavorava: «Le api hanno sempre avuto un posto d’onore, prima ancora del mio mestiere» ammette. Non è un patito, ma piuttosto un innamorato delle api, al punto che bastano poche sue parole per comprendere lo speciale rapporto che ha con loro.

«Mi chiedono spesso se parlo con le api. Sono io che le ascolto: il loro linguaggio è fondamentalmente olfattivo. Così, un bravo apicoltore annusa l’alveare per capire come stanno le api».

Che il mondo di questi insetti costituisca una complessa comunità sociale è risaputo; ma quando un apicoltore ti affida tuta, guanti e maschera con velina fino a trasformarti in un palombaro bianco in piena estate, la percezione è di sentirsi un intruso che mette il naso in casa altrui. «Oggi è giornata di controlli e marchiature delle nuove regine. Essendo un giorno festivo, mio fratello Graziano e mia moglie Fiorella che normalmente mi aiutano resteranno a casa». Non gli resta che salire sul furgoncino bianco, acquistato per questa sua passione. Ci inerpichiamo prima per le strade e poi tra i sentieri di Mossano, dove Marchioro ha una ventina di alveari che gli forniscono fino a cinque quintali di miele annui, che visto l’arido periodo potrebbero più che dimezzarsi in questa stagione. La sua gestualità appare rituale e semplice, ma affascinante.

«L’affumicatore che serve per tranquillizzare l’alveare è un antico retaggio olfattivo delle api di quando nelle foreste erano soggette agli incendi degli alberi», cosa che non è dato immaginare. Scoperchia le casette a mani nude e come fosse un “dottore”, scruta ogni minimo indizio: «Dai miei tempi ad oggi è cambiato tutto – afferma lui -, in particolare l’ambiente naturale. Il paesaggio non è più lo stesso, anche se i Berici restano un’importante isola ecologica, dove le api trovano ancora il giusto equilibrio».

Apre e chiude le casette come fossero pacchi, con migliaia di insetti che però non riconoscono il suo padrone: «Le api non mi riconoscono! Io però so riconoscere dal loro movimento lo stato di salute dell’intera comunità. È come un genitore che guardando i figli intuisce come stanno senza tante parole. Compreso questo, dalle api ricevi poi anche una preziosa lezione di etica sul valore del gruppo. La lealtà e l’abnegazione del lavoro per il bene di tutti, dove ogni individuo lavora per la comunità, senza individualismo. Ecco perché vorrei parlare di api ai nostri politici…» rimarca sarcasticamente l’apicoltore.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: saprebbe stare senza api? «Non ci ho mai provato a dir la verità. E non ci ho mai pensato», conclude sornione il vecchio apicoltore, pungendo così la curiosità.

Antonio Gregolin

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