«L’abbattimento era l’unica soluzione o invece solo la più drastica e spettacolare? Chiediamo comunque alle forze dell’ordine, e anzitutto ai carabinieri intervenuti, di accertare le responsabilità per il mancato controllo dell’animale».
La richiesta arriva da Piera Costa, responsabile della sede Lav di Vicenza, ed il riferimento è all’uccisione del toro fuggito dal macello di Ponte di Barbarano e in seguito abbattuto a colpi di fucile. A sparare, su incarico del sindaco di Mossano e con l’avvallo del servizio veterinario dell’Ulss 6, era stato Silvano Stacchio, fratello di Graziano intervenuto nella sparatoria alla gioielleria Zancan.
«Quanto accaduto è grave. Si doveva immediatamente allertare – prosegue Piera Costa - un veterinario abilitato alla telenarcosi, che avrebbe potuto salvare l'animale ed evitare comunque i problemi di incolumità pubblica. Tra l’altro, come noto, la stessa Federazione nazionale degli ordini veterinari ha costituito un elenco ufficiale dei veterinari abilitati alla telenarcosi». E ancora: «Si doveva evitare l’abbattimento di un animale impaurito, che non aveva alcuna colpa se non quella di voler vivere. Il toro poteva essere poi affidato a un’associazione che se ne prendesse cura e gli permettesse di trascorrere dignitosamente il resto sua vita. E più in generale, è questa la società che vogliamo? Cittadini armati che risolvono i problemi col grilletto? Sono questi i nostri modelli di riferimento?».
Il toro, del peso di 600 chili, era fuggito lo scorso venerdì mattina dal macello di Barbarano: impaurito, dopo aver percorso tutta la Riviera Berica tra il traffico delle auto, s’era rifugiato in un boschetto ai limiti delle campagne in località San Pancrazio di Mossano dove è stato rintracciato dalla task force composta da carabinieri, responsabili del macello e veterinari che s’era messa sulle sue tracce.