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«Senza tetto per colpa del mio passato»

La sistemazione di Gianni Rossetto, di 57 anni, in una tenda. GREGOLIN
La sistemazione di Gianni Rossetto, di 57 anni, in una tenda. GREGOLIN
La sistemazione di Gianni Rossetto, di 57 anni, in una tenda. GREGOLIN
La sistemazione di Gianni Rossetto, di 57 anni, in una tenda. GREGOLIN

Non è propriamente sotto un ponte, ma la vita di Gianni Rossetto di 57 anni, è oggi in riva al fiume, vicino a un ponte. Siamo nell’area golenale delle chiuse di Colzè, con il Bacchiglione da un lato e dall’altro un fossato secondario che porta acqua a quello che un tempo era un vecchio mulino, poco distante dal paese. È qui che Gianni ha deciso di bivaccare, sotto un telo e all’ombra di un filare di gelsi, guardato a vista dai suoi due inseparabili cani “Tobetti e Terminator”. In realtà, Gianni ha ben poco da difendere: neppure la sua vecchia macchina parcheggiata all’ombra di un “moraro”, che muove solo quando racimola qualche spicciolo. Lui è un senzatetto con una travagliata storia alle spalle di cui non fa segreto: «Sono uno che era senza un soldo e con dei debiti ha cercato qualche anno fa di arrangiarsi coltivando nell’orto della marijuana, per fare cassetta –spiega lui- e mi hanno beccato». Condannato e messo ai domiciliari, è  poi ricaduto nello stesso reato e per questo rinchiuso in carcere  a Vicenza con una condanna di due anni. Nel 2014 quando esce dalla prigione, la sua vita non sarà più la stessa. Il matrimonio entra in crisi, con i debiti da saldare e per di più senza un lavoro fisso. Alle spalle ha due infarti con una invalidità al 65% che gli fanno avere una pensione di 600 Euro al mese, da condividere con la moglie, anch’essa disoccupata, non sufficienti a pagare l’affitto di una casa. Il Comune di Grumolo delle Abbadesse cerca di aiutarlo dopo lo sfatto per insolvenza, trovandogli un appartamento a Camisano. Qui con i servizi sociali comunali, raggiungono un accordo offrendogli un appartamento pagandogli le rette per un anno. L’anno passa e Gianni si ritrova sul punto di partenza, fino a ricevere un nuovo sfratto. Il Comune di Camisano da parte sua dice di «aver fatto il possibile per aiutarlo, ma non si può vivere di sussidiarietà per sempre» come risponde l’assessore Alessandro Deluca. Gianni  che è stato un orafo e poi un lattaio, non trova più lavoro, e rifiuta anche quelli socialmente utili, dicendo: «Che sono troppo pesanti per il suo stato di salute». La coppia quindi finisce per strada: «Fortunatamente –racconta Gianni- mia moglie è da due anni in casa di alcune mie cugine. Io invece dopo un periodo  vagabondando  nei campi, sono giunto a Colzè». Qui gli alberi gli offrono un riparo e il fiume gli permette di pescare qualcosa da mettere sotto i denti: «Il resto me lo portano gli angeli», dei cittadini che impietositi lo riforniscono di generi di prima necessità. «È dal maggio scorso che vivo così –dice l’uomo- . Con 600 Euro, dovendo aiutare mia moglie e pagare le dodici pastiglie al giorno, non posso permettermi un affitto e una vita normale. Potrei al massimo sostenere una retta minima di una casa dell’Ater». «Nella vita ho sbagliato –confessa l’uomo-, ma credo di non meritarmi di finire in una comunità come mi hanno proposto. Chiedo solo una vita dignitosa ».

Antonio Gregolin

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