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Il Tar boccia la cava di San Giorgio

L’area dove dovrebbe sorgere la cava oggetto della sentenza
L’area dove dovrebbe sorgere la cava oggetto della sentenza
L’area dove dovrebbe sorgere la cava oggetto della sentenza
L’area dove dovrebbe sorgere la cava oggetto della sentenza

Nuova puntata per la cava sul colle di San Giorgio ad Albettone, che si estende fino a Barbarano: il Tar ha dato ragione ad Italia Nostra ed ai privati che si erano opposti alle delibere della Regione dello scorso febbraio che autorizzavano la Società Escavi Berica (Seb) a coltivare calcare per industria, calce, granulati, costruzioni, marmorino e basalto. Il Tar di Venezia nella sentenza non è entrato nel merito, ovverosia la quantità della concessione, ma si è limitato a ravvisare un vizio di procedura per annullare i provvedimenti presi a Palazzo Balbi. Soddisfazione viene espressa dai rappresentanti dei privati e dall'associazione Italia Nostra che hanno sottoscritto il ricorso, assistiti dagli avvocati Dario Meneguzzo e Giovanni Sala, e che in questi quattro anni hanno portato avanti con tenacia e convinzione le proprie idee. «Questa sentenza evidenzia il modo sommario di operare della Regione - dicono - nel campo della disciplina sull'attività estrattiva e rafforza il precedente pronunciamento del Consiglio di Stato che ribadiva l'inopportunità dell'autorizzazione di una cava, il cui primo via libera regionale risale al 2014, dalle dimensioni sproporzionate rispetto al territorio, ma anche rispetto ai limiti che dovrebbe prevedere quel piano regionale che aspettiamo ma che non vede mai la luce. Oggi vengono nuovamente tutelate le ragioni dei cittadini che rischiano di veder lesi i loro diritti in nome di interessi economici. L'auspicio è che questa sentenza possa essere una tappa importante dell'iniziativa di contrasto che stiamo portando avanti verso una cava da 3.800.000 metri cubi. Una quantità che è assolutamente fuori da ogni logica se pensiamo che la stessa Regione fissa un tetto massimo di 400.000 metri cubi di materiale per ogni autorizzazione e che la previsione per l'intera provincia di Vicenza per i prossimi 10 anni è di un milione e mezzo di metri cubi. Qui siamo al doppio, in un colpo solo».

Sulla questione intervengono il consigliere regionale Stefano Fracasso e il deputato Federico Ginato. «È una sentenza importante - affermano - che blocca quella che da sempre denunciamo come una ferita per un’area che andrebbe invece difesa e protetta. Ancora una volta la Regione si è dimostrata sorda alle richieste dei cittadini e del territorio e ha fatto male, come viene ora evidenziato dal Tar. Ma quello che oggi appare chiaro non è solo una questione normativa, ma una questione di metodo: la giunta Zaia non ha mai voluto dare vero ascolto al territorio cercando di imporre un’attività di scavo che i cittadini non vogliono, che questo ambiente naturalistico non merita e che non trova nemmeno giustificazioni nel mercato. Questa sentenza non scrive certo la parola ‘fine’ alla vicenda, tuttavia dà l’opportunità alla Regione per un ripensamento. Questo è l’invito che facciamo al presidente Zaia, assieme a quello di procedere rapidamente con l’approvazione del Piano Regionale Caveatteso da oltre 30 anni».

Giorgio Zordan

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