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«I miei campi devastati dai cinghiali»

Il campo del contadino di Mossano dove sono passati gli animali
Il campo del contadino di Mossano dove sono passati gli animali
Il campo del contadino di Mossano dove sono passati gli animali
Il campo del contadino di Mossano dove sono passati gli animali

«La guerra è iniziata, e il mio campo se lo son presi i cinghiali», esclama l’agricoltore di San Giovanni in Monte sui Berici, Luigi Costa, proprietario di un’azienda agricola da oltre trent’anni, dinnanzi alla totale devastazione del suo campo di mais ad opera di un branco di cinghiali.

«Il nemico invisibile è già qui –afferma l’agricoltore- e immagino che siamo solo all’inizio».

Certo è che i cinghiali stanno per diventare, sull’esempio dei Colli Euganei, il problema numero uno per gli agricoltori locali.

Negli ultimi mesi le segnalazioni sono triplicate nei Berici, con esemplari visti a San Gottardo, Perarolo, Lumignano, Arcugnano, Nanto, Mossano e Lumignano.

Episodi sporadici con danni che non sono minimamente paragonabili a ciò che è capitato all’agricoltore di SanGiovanni in Monte.

Qui in una settimana, una trentina di ungulati hanno «trebbiato con il grugno» un intero campo di mais: «Peggio della tempesta e del secco. Solo una trebbia meccanica poteva somigliare a questo». Per raggiungere le pannocchie ormai pronte, gli animali non hanno esitano a radere l’intera piantagione di granturco.

Una cosa mai vista prima, con una perdita del cento per cento del raccolto: «Sono ormai due anni che qua e là si notano i segni della presenza dei cinghiali sui Berici – spiega l’agricoltore-, ma quello che s’è visto compiere qui, è opera di un piccolo esercito di cinghiali che cala sul far della sera per fare razzia».

Dai primi sporadici avvistamenti sui Berici di qualche anno fa, il proliferare degli ungulati, in pochi mesi sta assumendo numeri preoccupanti: «In questi giorni – spiega Costa - sulla mia proprietà siamo arrivati a contare anche trenta esemplari di cui una decina di adulti con i restanti cuccioli. Tanti esemplari insieme non li ho mai visti io come pure gli altri coltivatori e i danni ne dimostrano la forza, al punto da mettere ulteriormente in crisi l’economia delle ultime aziende locali. Siamo gli ultimi rimasti a coltivare questo territorio e i pochi volenterosi. Oltre ai già noti problemi dell’agricoltura italiana, incluso il peso fiscale che ci sta asfissiando, ora dobbiamo combattere pure i cinghiali?».

Più che una minaccia, quella degli agricoltori collinari è una realtà che si può vedere con gli occhi: siccità, caprioli e cinghiali sono al vertice dell’emergenza. «Ma non sappiamo come contrastarli, perché la legge protegge questi animali», aggiungono i produttori. «Ho sporto denuncia per danni alla polizia provinciale – precisa sempre Costa - ma sappiamo che lungaggini e burocrazia rendono tutto incerto. Non mi resta che rassegnarmi nell’avere perso l’intero raccolto di un campo, ma ciò che preoccupa è che ora la medesima sorte potrebbe toccare alle coltivazioni vicine».

Situazione che poi potrebbe estendersi anche ad un altro prodotto tipico: il tartufo nero, apprezzato dalla buona cucina, ma ancor più dagli stessi cinghiali, che vanno pure ghiotti di uva.

Antonio Gregolin

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