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Bacino anti-piene fermo da due anni «Inutile e dannoso»

Il bacino anti-alluvione, poi tramontato, era previsto a confine con Mirabella di Breganze.  STUDIOSTELLA CIASCATOLa Regione ha fatto dietrofront dopo aver previsto 70 milioni. CISCATO
Il bacino anti-alluvione, poi tramontato, era previsto a confine con Mirabella di Breganze. STUDIOSTELLA CIASCATOLa Regione ha fatto dietrofront dopo aver previsto 70 milioni. CISCATO
Il bacino anti-alluvione, poi tramontato, era previsto a confine con Mirabella di Breganze.  STUDIOSTELLA CIASCATOLa Regione ha fatto dietrofront dopo aver previsto 70 milioni. CISCATO
Il bacino anti-alluvione, poi tramontato, era previsto a confine con Mirabella di Breganze. STUDIOSTELLA CIASCATOLa Regione ha fatto dietrofront dopo aver previsto 70 milioni. CISCATO

Il bacino di Sandrigo non s’ha da fare. Proposto, combattuto, ritoccato, il progetto è stato infine ritirato. O quanto meno messo in congelatore. E nessuno, a cominciare dai sindaci dei Comuni interessati dall'intervento, sembra intenzionato a tirarlo fuori, scrivendo così la parola fine ad una battaglia a suon di perizie ambientali e studi idrogeologici durata anni. L'invaso di 4 milioni di metri cubi d'acqua (inizialmente si parlava addirittura di 10 milioni, per un investimento di 70 milioni di euro) sul torrente Astico si è infatti arenato davanti alla resistenza del primo cittadino di Sandrigo Giuliano Stivan, che sostenuto dai colleghi dei Comuni vicini, a partire da Breganze con Piera Campana, ha sempre detto no all'opera. No ad una “violenza del territorio”, no al rischio di “finire sott'acqua”, no “a una misura tampone che non risolve il problema”: le ragioni dell'opposizione sono state tante e tali, supportate da una relazione tecnica dettagliata sulle conseguenze impattanti del progetto, da aver convinto anche il presidente del Veneto Luca Zaia, che due anni fa ha tirato i remi in barca. «Ha compreso cosa avrebbe significato per Sandrigo il bacino e ha fermato tutto», conferma Stivan. Un tutto che, prima di doversi realizzare concretamente nell'ex cava Vaccari, tra la zona industriale di Sandrigo e la frazione di Mirabella a Breganze, affonda le radici nel post alluvione 2010. È nell'assetto emergenziale-prudenziale che si delinea dopo il disastro di Caldogno e Vicenza che la Regione presenta infatti il piano per la messa in sicurezza delle località attraversate da fiumi e corsi d'acqua individuando una serie di bacini strategici per salvare i centri abitati da allagamenti ed esondazioni. Tra questi, Caldogno tra tutti, si colloca anche Sandrigo, immaginato in una prima fase anche nei lotti della cava Girardini, con capienza massima di 10 milioni di metri cubi. Un'idea impraticabile, anche nella versione ridotta a 4 milioni di metri cubi, per l'amministrazione sandricense, che fin da subito ha contrapposto criticità idrogeologiche e ambientali: «Il terreno è permeabile, ghiaioso, l'intera zona industriale finirebbe sott'acqua se si raccogliesse lì la piena dell'Astico - spiega Stivan -. Il vero nodo resterebbe a monte, tra Velo d'Astico e Arsiero, è lì che bisognerebbe intervenire». Il riferimento è al bacino di Meda, altra pianificazione al palo, la sola secondo il primo cittadino di Sandrigo in grado di imbrigliare e controllare la portata dell'Astico: «Consentirebbe di alimentare il torrente quando c'è poca acqua e bloccarlo quando ce n'è troppa». Da Sandrigo si fa notare anche la potenzialità turistica di un'opera che «porterebbe vitalità economica in una strada di percorrenza verso le località del Trentino». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giulia Armeni

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