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Il caso

Presunti documenti falsi sui test rapidi, chiesto il processo per Rigoli

Roberto Rigoli
Roberto Rigoli
Roberto Rigoli
Roberto Rigoli

Il pm di Padova Benedetto Manlio Roberti ha chiesto il rinvio a giudizio per il microbiologo Roberto Rigoli e l’ex dg di Azienda Zero Patrizia Simionato per i cosiddetti "tamponi rapidi", sperimentati tra la prima e la seconda ondata Covid. In concorso tra loro, i due sarebbero responsabili di falsità ideologica in atti pubblici commessa da pubblico ufficiale e turbativa nel procedimento di scelta del contraente.

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Rigoli avrebbe confermato di aver effettuato l’iter per verificare l’idoneità di quei test, che Azienda Zero poi comprò in due tranche, senza gara, dalla ditta Abbott. Quasi 500 mila kit, per un costo più di 2 milioni di euro. Stando però a quanto ricostruito dagli inquirenti, l’idoneità necessaria non era stata verificata. Il che avrebbe penalizzato le altre ditte che avevano presentato offerte. Sempre secondo il pm, Rigoli avrebbe anche fornito documenti falsi per attestare che test di tamponi rapidi erano stati verificati sui pazienti entrati in pronto soccorso a Treviso.

 

RIGOLI: «HO OPERATO CON IL MASSIMO SCRUPOLO». «Ritengo di aver operato nello svolgimento della mia attività con il massimo scrupolo e nell’esclusivo interesse della collettività». Lo afferma il microbiologo Roberto Rigoli, confermando di aver ricevuto la notifica della richiesta di rinvio a giudizio con la fissazione di una udienza preliminare. Per Rigoli, «come risulta dalla documentazione amministrativa relativa al bando di gara e da molti altri elementi di indagine raccolti, nella procedura per l’acquisto dei test rapiti per la rilevazione dell’antigene Covid 19 dell’agosto 2020, mi era stata domandata una verifica documentale della corrispondenza tra le caratteristiche tecniche richieste dall’avviso pubblico e le schede tecniche della casa produttrice». Il dirigente sanitario aggiunge: «effettuavamo poi anche una valutazione sull’idoneità tecnica complessiva del kit che conteneva il test rapido (cioè la sua idoneità ad essere impiegato con facilità dagli operatori nel contesto emergenziale in atto)». Per Rigoli non era invece stata richiesta «un’autonoma valutazione scientifica sull’attendibilità delle specifiche tecniche dichiarate dalla casa produttrice del test». Una indagine del genere, spiega, «sarebbe stata del resto impossibile da svolgere poiché, da un lato, avrebbe richiesto uno studio dai tempi incompatibili con quelli ristrettissimi dettati dalla emergenza sanitaria e, dall’altro, i prodotti erano già stati oggetto di controllo e certificazione da parte degli enti competenti, anche internazionali».
Rigoli confida infine «che già all’udienza preliminare sia possibile chiarire ogni aspetto della vicenda e appurare la correttezza del suo operato».

 

SIMIONATO, IL LEGALE: «NON HA COMMESSO NESSUN REATO». «La dottoressa Simionato respinge con forza le accuse avanzate dalla Procura della Repubblica di Padova». Lo sottolinea il suo legale, Alessandro Moscatelli, in riferimento alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pm Benedetto Manlio Roberti per il microbiologo Roberto Rigoli e l’ex dg di Azienda Zero Patrizia Simionato per i cosiddetti "tamponi rapidi", sperimentati tra la prima e la seconda ondata Covid. «Emerge già oggi - senza necessità di un processo - come la stessa si sia sempre comportata con i soli obiettivi di tutelare la salute pubblica - afferma il legale all’Ansa - e di preservare gli interessi della pubblica amministrazione». Per Moscatelli, «la dottoressa Simionato non ha commesso alcun reato». Questo perché «non spettava alla dottoressa Simionato né ad altri indagati verificare le caratteristiche del tampone rapido della Abbot distribuito ed usato in 120 paesi in tutto il mondo anche attraverso il Global Fund, l’Organizzazione Mondiale della Sanità».

 

ZAIA: «SI FACCIA PRESTO CHIAREZZA». «Ho il massimo rispetto per il lavoro della magistratura e auspico che faccia chiarezza con velocità, anche perché non è giusto che ci sia una gogna per le persone coinvolte», il commento del governatore Luca Zaia sull'inchiesta della Procura di Padova sulla presunta mancata certificazione a norma dei tamponi rapidi adottati nella regione tra la prima e la seconda ondata Covid. «Esprimo la mia stima ai due dirigenti indagati, in particolare al dottor Rigoli che conosco tra 30 anni: avrà modo di dimostrare tutto quello che sa di questa vicenda- conclude - . Ricordo che i tamponi oggetto dello scandalo sono usati non solo in Italia ma in tutto il mondo».

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